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Evoluzioni e Fede Cristiana: a colloquio con Monsignor Leuzzi; parla il Vescovo Ausiliario di Roma e Cappellano di Montecitorio

Mons. Leuzzi. (foto)

di Giuseppe Faretra

ROMA - La nostra società sta vivendo una serie di cambiamenti. Su alcune tematiche socio pastorali e sul ruolo della politica, della Chiesa e della comunità cristiana in questa società così in crisi, abbiamo interpellato Monsignor Leuzzi, vescovo ausiliario di Roma e Cappellano di Montecitorio, del Clero della Diocesi di Roma, nominato Vescovo Ausiliare di Roma (con assegnazione della sede titolare di Cittanova), in data 31 gennaio 2012, assieme a Mons. Matteo Maria Zuppi. Mons. Lorenzo Leuzzi , nato a Trani il 25 settembre 1955, si è laureato in medicina e chirurgia a Bari nel 1980 (con specializzazione in medicina legale e delle assicurazioni), ha conseguito la licenza in diritto canonico presso la Pontificia università lateranense nel 1983 e la licenza ed il dottorato in teologia morale presso la Pontificia università gregoriana nel 1985. E' stato ordinato sacerdote per la diocesi di Roma il 2 giugno 1984 dal cardinale Ugo Poletti nella Cattedrale di Trani. Fra gli incarichi pastorali più significativi da lui svolti si ricorda quello di dirigente dell’Azione cattolica per la diocesi di Trani e per la Regione Puglia (dal 1973 al 1980), quello di rettore della chiesa di San Filippo Neri all’Esquilino e quello di canonico onorario della Cattedrale di Trani dal 1993. E' stato cappellano del Papa nel 1998, direttore dell’ufficio per la pastorale universitaria del vicariato di Roma (2003),si occupa anche della Pastorale Sanitaria, segretario della sezione università della commissione catechesi scuola università del Consiglio delle conferenze dei Vescovi d’Europa (2005), rettore della chiesa di San Gregorio Nazareno a Montecitorio ed è anche cappellano della Camera dei Deputati. Ha pubblicato anche diversi libri, molti dei quali sono riflessioni e commenti sulla dottrina della Chiesa e su alcuni aspetti legati all’educazione.


D- Eccellenza, quali sono i ricordi più ricorrenti dei suoi anni giovanili a Trani ed in Puglia ?


R- Il ricordo più bello che porto nel cuore, è l’esperienza che ho vissuto, come dirigente di Azione Cattolica, dal 1973 al 1980, sono stati anni molto impegnativi, durante i quali ho potuto conoscere, tutte le parrocchie della diocesi, perché l’Azione Cattolica era ben radicata nel territorio, e questo mi ha fatto conoscere e sperimentare la fede, molto semplice, ma anche motivata, degli aderenti dell’ Azione Cattolica e naturalmente delle comunità parrocchiali. E’ stata un’esperienza molto bella, perché mi ha consentito anche di fare esperienze umanamente importanti, come i tanti viaggi per raggiungere le città, dove si arrivava a volte anche con un po’ di difficoltà, quindi esperienze che mi hanno portato a condividere con tutta le diocesi di Trani, la fatica e anche l’entusiasmo di sentirsi una comunità diocesana.


D- Com’è nata la Sua vocazione e in che modo si è articolata la Sua formazione ministeriale?


R- Gran parte della mia vocazione è stata la responsabilità che ho vissuto nell’ Azione Cattolica, dove man mano, ho potuto vedere il disegno della Provvidenza che mi chiamava ad assumermi la responsabilità del ministero sacerdotale, che consideravo come servizio alla comunione ecclesiale, che io avevo vissuto durante gli anni del mio servizio ad essa. Infatti sono rimasto sempre molto colpito dalla capacità dei parroci della diocesi, di essere punto di riferimento in un territorio abbastanza ampio e articolato, penso ad esempio, ad alcune parrocchie di Trani e anche di Corato.


D- Secondo lei quali sono gli aspetti pastorali più importanti dell’attività di Benedetto XVI ? E quali le prospettive teologico-pastorali dell'Enciclica Caritas in Veritate ?


R- Il ministero Petrino di Benedetto XVI in continuità con quello di papa Giovanni Paolo II sta aiutando la Chiesa ad essere sempre più consapevole delle motivazioni teologiche della fede cristiana. Questo perché la società contemporanea, soprattutto in questi anni in cui va emergendo la crisi economico finanziaria, dalle motivazioni molto più profonde, di natura culturale, ha bisogno di una fede cristiana, capace non soltanto di testimonianza certamente creativa, certamente entusiasta, ma anche di una testimonianza capace di essere promotrice di una presenza culturale della Chiesa e dei credenti.


Benedetto XVI con le sue tre encicliche, viene in aiuto a questa grande richiesta storica della chiesa, a cominciare da quest’ ultima enciclica che va oltre la presenza puramente etica dei cristiani nella società, per indicare una nuova progettualità. E in questo senso la chiesa con Benedetto XVI, pian piano a partire dalla riflessione sulla fede, si va evolvendo verso una capacità di apertura alla società contemporanea dove la presenza di Dio, non soltanto deve essere affermata ma deve essere percepita come fondamento di una progettualità capace di orientare i processi storici. E’ un impegno molto coinvolgente, che però deve ancora essere tradotto in scelte pastorali, tali da coinvolgere le intere comunità parrocchiali, perché gli insegnamenti di Benedetto XVI che apparentemente possono sembrare di carattere teorico per taluni intellettuali, in realtà rappresentano il presupposto per un rinnovamento del tessuto ecclesiale.


Mi riferisco soprattutto alla necessità e all’ urgenza di un apertura delle parrocchie, agli ambienti dove i nostri fratelli vivono ed operano quotidianamente, cioè si tratta di una proposta di fede che non rinchiude il credente in ambiti parrocchiali, ma li apre verso una testimonianza che renda credibile il cristianesimo, proprio perché è in grado di offrire principi di orientamento per la crescita della società.


Secondo Lei, viviamo in un contesto di emergenza educativa ?


R- Il papa ha posto per la prima volta la questione dell’ emergenza educativa nella sua lettera inviata alla diocesi di Roma, il 21 gennaio 2008. E’ una lettera molto impegnativa dove il papa parte da un dato fondamentale, cioè la cultura contemporanea rischia di snaturare l’identità della persona umana e ciò comporta l’incapacità dell’ uomo contemporaneo di comprendere se stesso. Proprio per questo, diventa allora necessario aiutare le nuove generazioni ad essere pronti a coniugare nel loro percorso formativo quei valori dell’ esistenza umana, e nello stesso tempo la capacità di rapportarsi con le dinamiche sociali. Questo apre nuovi scenari educativi che devono impegnare le comunità cristiane a rivedere e a potenziare quei luoghi nei quali si formano le nuove generazioni, pensiamo ad esempio, ai gruppi parrocchiali, agli oratori, a quei gruppi formativi come i campi estivi, ecco tanti momenti che tradizionalmente legati al vissuto dei giovani che richiedono però un ulteriore momento di organizzazione e di approfondimento dottrinale, perché le spinte diseducative oggi raggiungono livelli qualitativamente molto più alti rispetto il passato.


Si tratta in fondo di aiutare l’uomo a riscoprire la propria identità in un momento in cui le tensioni e le proposte culturali sembrano invece orientare ad una perdita di identità.


D- Eccellenza, Lei è vescovo ausiliario di Roma ed è anche Cappellano di Montecitorio. Qual è secondo lei, il ruolo della politica in questa società così in crisi e quale invece, deve essere il ruolo della Chiesa e della comunità cristiana ?


R- Bisogna cercare di superare l’idea che la crisi dipende solo dalla crisi della politica. In realtà non è così, la crisi che noi viviamo dipende da una proposta politica che non è stata capace di dare risposte sufficienti. Cioè, non può esistere una società senza un impegno o una prospettiva politica, certamente ci sono spinte verso forme di non partecipazione degli uomini alla costruzione della vita pubblica o della società, ma questo non significa che non esistano delle prospettive capaci di risolvere i problemi nelle società contemporanea e dunque di risolvere i problemi della crisi economico finanziaria che stiamo attraversando. In questo senso allora si pone la grande possibilità per i cattolici di dare una testimonianza, non solo perché l’impegno politico è un impegno importante, Paolo VI definiva l’impegno politico come “la più alta forma di carità”, ma anche di dare contenuti e offrire le proposte per poter rilanciarla politica stessa, per poter dimostrare che può esistere una progettualità capace di cogliere le vere dinamiche della società e coinvolgere il più ampio consenso dei cittadini, degli uomini e delle donne, per costruire insieme la società.




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