Mafia/Ok Consulta a ricorso Colle-pm Palermo,sentenza a novembre
Low profil dalle Istituzioni in conflitto:è primo passo scontato
di Redazione
ROMA (TMNews) - La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sollevato dal Quirinale contro la Procura di Palermo. La vicenda riguarda le intercettazioni delle conversazioni telefoniche del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con l'ex ministro dell'Interno ed ex vicepresidente del Csm Nicola Mancino, sottoposto a sorveglianza dai pm siciliani nell'ambito dell'indagine sulla trattativa Stato-mafia. La Consulta ha deciso anche di ridurre i tempi previsti per l'esame nel merito del ricorso sollevato dal capo dello Stato, che verrà affrontato la seconda settimana di novembre, vista la delicatezza della materia. Un giudizio, questo sull'ammissibilità , dato comunque per scontato visto che oggi la Corte era chiamata a verificare se Quirinale e Procura sono poteri dello Stato, dando il via libera poi all'esame nel merito. Tanto che dal Colle non commentano la notizia sottolineando così che non ha destato alcuna sorpresa. E ricordano piuttosto che non si è mai trattato di uno scontro con qualcuno ma un atto compiuto per il riconoscimento di un principio costituzionale. Non è sorpreso neanche il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, che spiega: "La valutazione di ammissibilità è soltanto un momento di passaggio verso il giudizio vero e proprio. E' cioè un passaggio necessario, ma di carattere meramente formale e processuale". Giudici relatori di questo primo passaggio, Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo, entrambi di nomina parlamentare: il primo eletto su indicazione del centrosinistra, il secondo del centrodestra. Al centro del ricorso presentato da Napolitano, la mancata distruzione delle telefonate registrate intercettando le conversazioni dell'ex ministro Mancino: il comportamento dei pm di Palermo avrebbe leso le prerogative garantite al capo dello Stato dall'articolo 90 della Costituzione, è la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato. Mentre la Procura di Palermo si difende sostenendo che per procedere alla distruzione delle intercettazioni è necessaria, in base al codice di procedura penale, un'apposita udienza davanti al gip.
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ROMA (TMNews) - La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sollevato dal Quirinale contro la Procura di Palermo. La vicenda riguarda le intercettazioni delle conversazioni telefoniche del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con l'ex ministro dell'Interno ed ex vicepresidente del Csm Nicola Mancino, sottoposto a sorveglianza dai pm siciliani nell'ambito dell'indagine sulla trattativa Stato-mafia. La Consulta ha deciso anche di ridurre i tempi previsti per l'esame nel merito del ricorso sollevato dal capo dello Stato, che verrà affrontato la seconda settimana di novembre, vista la delicatezza della materia. Un giudizio, questo sull'ammissibilità , dato comunque per scontato visto che oggi la Corte era chiamata a verificare se Quirinale e Procura sono poteri dello Stato, dando il via libera poi all'esame nel merito. Tanto che dal Colle non commentano la notizia sottolineando così che non ha destato alcuna sorpresa. E ricordano piuttosto che non si è mai trattato di uno scontro con qualcuno ma un atto compiuto per il riconoscimento di un principio costituzionale. Non è sorpreso neanche il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, che spiega: "La valutazione di ammissibilità è soltanto un momento di passaggio verso il giudizio vero e proprio. E' cioè un passaggio necessario, ma di carattere meramente formale e processuale". Giudici relatori di questo primo passaggio, Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo, entrambi di nomina parlamentare: il primo eletto su indicazione del centrosinistra, il secondo del centrodestra. Al centro del ricorso presentato da Napolitano, la mancata distruzione delle telefonate registrate intercettando le conversazioni dell'ex ministro Mancino: il comportamento dei pm di Palermo avrebbe leso le prerogative garantite al capo dello Stato dall'articolo 90 della Costituzione, è la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato. Mentre la Procura di Palermo si difende sostenendo che per procedere alla distruzione delle intercettazioni è necessaria, in base al codice di procedura penale, un'apposita udienza davanti al gip.
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