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Viale Giotto, era l’11 novembre di quel 1999

di Nico Baratta

FOGGIA - Non c’è un anno che la città di Foggia, compreso me, da quel lontano 11 novembre del 1999, sempre vicino a tutti noi, ricordi l’immane tragedia del crollo di Viale Giotto. Tredici anni son trascorsi e il ricordo è vivo. Una memoria sempre verde, scolpita nei cuori e nelle menti di ogni foggiano. Diciannove secondi interminabili quelli che determinarono la morte di 67 nostri concittadini, “Gli Angeli di Viale Giotto” (come amo definirli e ricordarli), che alla ore 03.12 persero la vita sotto le macerie di un palazzo costruito presumibilmente violando qualche normativa e che risultò manomesso nella struttura portante. Tra le vittime anche chi partecipò alla costruzione di quel maledetto palazzo, come se la sorte lo avesse voluto a se per una condanna morale giacché quella terrena lo aveva già punito. Oggi, domenica 11 novembre 2012 ricorre il tredicesimo anniversario del crollo del palazzo di Viale Giotto, l’anniversario di 67 Angeli volati in cielo, chi durante il sonno, chi mentre tentava la fuga. 67 Angeli ignari della catastrofe cui a breve sarebbero stati protagonisti, ma che da settimane avvertivano inconsciamente dagli scricchiolii delle mura. Un segnale lasciato scorrere come acqua sotto i ponti poiché mai si poteva prefigurare quell’eccidio. Un giardino con 67 camelie e due cippi di granito nero Africa che recitano «… per ogni palpito del suo cuore le rendo un petalo rosso d’amore…» (di F. De Andrè), il Parco della Memoria che ricorda il luogo ove un tempo un palazzo strappò alla vita 67 anime. Da quest’anno quel parco sarà ancor più bello e indimenticabile, grazie al monumento realizzato dalla Fondazione Banca del Monte Siniscalco Ceci con la regia del Comune di Foggia e dell'associazione Parenti delle vittime. Un grande cuore, seppur statico, pulserà nei nostri ricordi per mantenere vivo il ricordo, perché ricordare vuol dire non uccidere due volte chi già lo è. Un cuore (nella foto), realizzato dal maestro Silvano Pellegrini, che sarà l’ennesimo emblema di una Foggia che non vuole dimenticare e che ha raccolto attorno a se per il suo disvelamento, autorità da tutta la regione Puglia e associazioni cittadine. Vorrei menzionarle tutte sono quelle persone che persero la vita, ma in particolare mi preme citarne una: un mio caro amico, Luigi Zezza, quasi coetaneo, con il quale ho trascorso parte della mia vita durante i duri ma appaganti allenamenti di mezzofondo. Ricordi indelebili e laceranti come il giorno della tragedia che vissi da spettatore obbligato poiché era già tanta la gente che prestava soccorso e le Forze dell’Ordine giustamente vietarono altre forme di volontariato per non rendere i già difficili soccorsi. Ricordi scolpiti nella mia mente come statue marmoree i funerali che si svolsero presso i padiglioni dell’Ente Fiera dove il coro cui faccio parte, la “Cappella Musicale Iconavetere”, fu chiamato a cantare durante la celebrazione della Santa Messa; due ore interminabili, tra lacrime e note musicali, osservando quel tappeto di bare, alcune bianche. La memoria: ore 03.12, trema tutto. In 19 secondi un palazzo si sbriciola al suolo seppellendo 67 persone. Foggia si sveglia di soprassalto senza comprendere l’immane tragedia, ma con 67 concittadini in meno. Era l’11 novembre del 1999.



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