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Melfi. « Fermate questo disastro», quello della Fenice-EDF

di Nico Baratta

SAN NICOLA DI MELFI (PZ) - Fenice-EDF, l'insoluta vicenda di un “termodistruttore” (come piace a me definirlo) mangia rifiuti e vomita inquinamento, al centro, come sempre, delle battaglie del Comitato Diritto alla Salute di Lavello (PZ). Con un post sul social network facebook Nicola Abbiuso, presidentissimo (lo affermo io per la stima e l'amicizia che ho con lui) del comitato predetto «Fenice: fermate questo disastro», ha sintetizzato la drammatica situazione ambientale che si vive nell'area circostante il termovalorizzatore. Un'area che racchiude diversi paesi del Vulture-Melfese e della confinante Capitanata, colpita anche dalle perduranti irrigazioni di campi di incoscienti agricoltori che abusivamente allacciano motopompe per prelevare le acque del vicino fiume Ofanto. Insomma un disastro nel disastro considerando che molti campi a margine dell'Ofanto approvvigionano i mercati ortofrutticoli di molte nostre località. Secondo Abbiuso l'impianto Fenice-EDF continua a generare veleni, e i dati sono liberamente (per fortuna...) consultabili sul sito ufficiale dell'ARPAB. Difatti, le ultime tabelle pubblicate sul sito dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente di Basilicata evidenziano che le acque raccolte dai piezometri rilevate nel mese di novembre 2012 presentano valori ben oltre i limiti di elementi altamente inquinanti. Nichel e Manganese presentano valori centinaia di volte maggiori a quelli stabiliti dalla legge. In particolare, senza scriverne altri (li potete consultare cliccando sul link riportato a termine di questo articolo), nel pozzo piezometrico 7 il Nichel è presente per 981 μg/l su 20, come previsto dal D.Lgs n. 152/2006 Allegato Parte Quarta - Allegato 5 - Tabella 2; lo stesso dicasi per il Manganese che nel pozzo 6 è di ben, purtroppo, 1646 μg/l su 50. Ma i veleni non terminano qua. Come prevedibile, perché oramai le orecchie da mercanti si sono centuplicate nelle sedi istituzionali della Basilicata e...non solo (si veda Montecitorio), i valori riferiti a triclorometano e floruri destano molta preoccupazione. «E' il disastro -come con ragione pone in evidenza Nicola Abbiuso, voce di tanti cittadini- di un mostro così altamente inquinante: perché deve continuare a funzionare?». Purtroppo quel termodistruttore è situtato in un'area strategica della Basilicata e dell'intero Mezzogiorno d'Italia, e precisamente nella zona industriale di San Nicola di Melfi, un fiore all'occhiello del Sud dell'Italia poiché è testimonianza di lavoro e industrializzazione. Nato per bruciare solo i rifiuti dell'attuale Fiat-Sata, l'impianto della Fenice-EDF, durante i primissimi anni, e mi riferisco ai '90, ha cambiato il proprio fine, dove la Regione Basilicata ha pensato bene di conferirgli rifiuti di ogni genere dei paesi limitrofi e di altri non regionali, anche rifiuti speciali, molto speciali. Da quegli anni il termodistruttore non ha mai smesso di bruciare e perciò inquinare la falda acquifera circostante, con grave ripercussioni sull'ambiente e, dai dati sanitari che stentano a essere formalizzati, sulla salute dei cittadini. Per la cronaca, e aggiungo da me vissuta (chi scrive) per vent'anni in quell'area, un tempo in quell'area l'alba era bellissima da ammirare e respirare; oggi è chiaramente ombrata e maleodorante. E chissà se in vent'anni di lavoro in quell'area anche io, come altri, non diventi uno zombie vivente prossimo al tragico evento. Ricordo che, ma non ne danno ufficialità, che l'azienda sanitaria locale due anni fa stimò che 4 persone su 6 under 40 sono morte di cancro. E ciò, presumo, non sia solo opera dell''inquinamento di un termodistruttore, bensì di un polo industriale poco attento all'ambiente dove fumi e scarichi senza “veli” sono all'ordine del giorno. 


Clicca Qui per leggere la tabella ARPAB in alternativa 

[http://www.arpab.it/fenice/public/Riepilogo_Fenice_Novembre2012.pdf]

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