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L'Italia è un paese di protezione? Unhcr: "Includere l'asilo nelle agende"

di Redazione

ROMA, 14 Gen. - “Nello spirito che ha animato coloro che sessant’anni fa hanno dato vita al sistema di protezione dei rifugiati, credo sia giunto il tempo per tutti noi - individui e stati - di riaffermare l’impegno al perseguimento dei valori umanitari custoditi dalla Convenzione sui rifugiati del 1951. Anche se fosse una sola persona costretta a fuggire dalle persecuzioni, sarebbe già troppo. Noi dobbiamo fare di più per tenere aperte le frontiere e garantire ovunque l’accesso a procedure d’asilo eque”. A. Guterres “Anche in Italia, si deve prendere più largamente coscienza della persistenza, della possibile ulteriore estensione del flusso dei rifugiati, della dimensione mondiale del fenomeno e della responsabilità cui nessun paese civile può sottrarsi. Il problema che ci si pone è piuttosto quello di colmare i vuoti che ancora presentano la nostra legislazione nazionale e il nostro sistema di accoglienza, protezione e integrazione”. G. Napolitano La posizione geografica dell’Italia nel contesto del Mediterraneo la espone agli arrivi di numerosi rifugiati e migranti che giungono ogni anno via mare nel contesto dei cosiddetti “flussi migratori misti”. Su una popolazione di circa 60 milioni di abitanti, si stima che i cittadini di Paesi terzi presenti in Italia siano tra i 4 e i 5 milioni, compresi circa 61.000 rifugiati, un numero esiguo se comparato alle presenze in altri Paesi europei come, ad esempio, la Germania, la Francia ed il Regno Unito. Nel 1954 l’Italia ha ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati. Dal 1990, con l’approvazione della “Legge Martelli” e l’abolizione della c.d. “riserva geografica”, detta Convenzione trova in Italia piena applicazione. Da allora, l’Italia partecipa attivamente alle iniziative dell’Unione Europea volte ad armonizzare le politiche in materia di asilo e di immigrazione e a stabilire un Sistema Comune Europeo di Asilo, avendo per altro trasposto le relative direttive. 

L’Italia è stata impegnata in questi anni in un grande ed encomiabile sforzo nel contesto delle operazioni di salvataggio in mare; è stata istituita una procedura decentralizzata per il riconoscimento della protezione internazionale con soddisfacenti livelli di garanzia, raggiungendo livelli di riconoscimento adeguati; infine, la trasposizione della Direttive UE sulle qualifiche ha apportato, sotto il profilo normativo, diversi e rilevanti sviluppi positivi per quanto riguarda la definizione dello status di protezione internazionale e i diritti ivi connessi. A fronte di questi importanti miglioramenti si registrano situazioni di gravi lacune e vuoti normativi soprattutto, ma non solo, con riferimento all’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati ed all’integrazione. Va evidenziato che un numero rilevante di beneficiari di protezione internazionale vive in condizioni di disagio e marginalità. In riferimento alla situazione del sistema asilo italiano, l’UNHCR ha pubblicato nel luglio del 2012 un documento di raccomandazioni, indirizzato alle autorità italiane. Ad alcuni mesi di distanza corre l’obbligo di sottolineare l’involuzione del sistema d’asilo nel suo complesso, anche in ragione delle difficoltà poste dalla gestione della cosiddetta “emergenza Nord Africa”. Successivamente alla sentenza Hirsi v. Italia con cui la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per i respingimenti in alto mare, alcuni ministri dell’attuale Governo hanno dichiarato di non voler procedere ulteriormente con tale prassi. Purtroppo, il non aver incluso clausole di salvaguardia nei confronti dei richiedenti asilo e rifugiati negli ultimi accordi tra Italia e Libia, appare un’occasione mancata per dare seguito a tale proposito. Negli ultimi anni, inoltre, l'utilizzo nella sfera pubblica di un linguaggio che alimenta xenofobia e intolleranza, minando in tal modo la convivenza civile tra italiani e stranieri, ha causato anche un impatto negativo sulla percezione di rifugiati e richiedenti asilo e, di conseguenza, sulla loro integrazione in Italia. 

Un’adeguata risposta alle criticità del sistema non dovrebbe essere procrastinata. L’Asilo, dunque, dovrebbe rientrare tra i temi che il Parlamento ed il Governo dovranno affrontare nella prossima legislatura, anche tenendo conto della trasposizione delle future direttive in materia. Pertanto, l’UNHCR ritiene necessario formulare alcune raccomandazioni per il miglioramento del sistema asilo italiano. 1. Accesso al territorio Al fine di contribuire al rispetto del principio di non-refoulement (non respingimento), negli accordi finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare dovrebbero essere inserite adeguate clausole di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati, in particolare nell’accordo con la Libia. Nell’ambito dei meccanismi di controllo delle frontiere, dovrebbe essere garantita un’informazione tempestiva sull’asilo, prima dell’eventuale adozione di qualsiasi provvedimento di allontanamento. In particolare, i servizi di assistenza ed informazione, previsti dal Testo Unico sull’immigrazione dovrebbero essere resi disponibili a tutte le persone potenzialmente bisognose di una forma di protezione internazionale, e non soltanto a coloro che hanno già espresso l’intenzione di chiedere asilo, ed estesi anche alle zone degli sbarchi in Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. 2. Procedura Per migliorare l’attuale sistema dovrebbe essere valutata la possibilità dell’istituzione di un’autorità amministrativa indipendente, competente sulla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, che valorizzi gli aspetti positivi dell’attuale modello. Con riferimento al sistema vigente dovrebbero essere introdotte adeguate misure legislative per garantire la conformità ai necessari requisiti di esperienza e competenza dei componenti delle Commissioni territoriali. Inoltre, per garantire l’efficienza del sistema, mantenendo un ragionevole livello qualitativo, andrebbero introdotte norme che consentano in via ordinaria l’ampliamento delle Commissioni in base al numero delle domande. Dovrebbe essere finalmente emanato il regolamento attuativo del Decreto legislativo sulla procedura d’asilo (D.Lgs 25/08). 

Infine, dovrebbero essere adottate misure specifiche per assicurare l’accesso senza ritardi alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, in particolare per i casi più vulnerabili. 3. Trattenimento e rimpatrio Appare positivo che la legge italiana non preveda il trattenimento dei richiedenti asilo, se non in casi specifici, ma sarebbe opportuno introdurre ulteriori norme di garanzia per l’accesso alla procedura delle persone già trattenute o detenute. Desta, inoltre, preoccupazione l’estensione della durata del trattenimento dei migranti a diciotto mesi, senza che siano stati previsti un rafforzamento delle garanzie di rispetto dei diritti delle persone trattenute, né un adeguamento delle condizioni di trattenimento. È auspicabile, inoltre, un rafforzamento delle misure di ritorno volontario assistito, considerato quale uno dei possibili strumenti di gestione dei “flussi migratori misti”. 4. Minori Maggiore attenzione dovrebbe essere rivolta agli specifici bisogni di protezione dei minori non accompagnati che giungono in Italia anche attraverso l'adozione di procedure di identificazione idonee incluso l'accertamento dell'età, qualora necessario, effettuato in maniera multidisciplinare; la pronta designazione di un tutore con le necessarie competenze ed in grado di esercitare efficacemente il proprio ruolo; nonché la predisposizione di procedure appropriate per la determinazione del loro superiore interesse. 5. Accoglienza Per evitare che vi siano condizioni e standard disomogenei sarebbe necessario provvedere ad una riorganizzazione del sistema d’accoglienza, che è attualmente composto da varie tipologie di strutture. Allo stesso tempo, l’assistenza ed i servizi offerti ai richiedenti asilo ed ai rifugiati dovrebbero essere maggiormente distinti, offrendo ai primi l’assistenza adeguata in attesa della decisione sul loro status ed ai rifugiati misure di supporto per facilitare il loro inserimento nella società italiana. A questo proposito, sarebbe auspicabile un potenziamento della rete SPRAR nell’ottica di una specializzazione verso la secondo accoglienza. Dovrebbe essere garantita un’adeguata disponibilità di posti in accoglienza per i richiedenti asilo privi di mezzi, anche in caso di arrivi straordinari, con un’omogenea distribuzione in tutto il Paese. 

Per questo motivo, l’attuale capacità ricettiva dell’accoglienza dovrebbe essere aumentata in via ordinaria, nell’ambito di un sistema d’accoglienza in grado di adattarsi al numero di domande di asilo ed alla durata della procedura. Infine, dovrebbero essere rafforzati i sistemi di monitoraggio e controllo della qualità delle condizioni d’accoglienza. 6. Integrazione Al fine di favorire l’integrazione dei titolari di protezione internazionale dovrebbe essere prevista una revisione del quadro normativo e delle prassi amministrative, anche per rimuovere gli ostacoli burocratici, in relazione ad esempio all’accesso alla residenza anagrafica ed al riconoscimento dei titoli di studio, che hanno un impatto negativo sul processo di inserimento socio-economico dei rifugiati. Inoltre, dovrebbe essere introdotto un sistema strutturato e coordinato di azioni positive per sostenere i rifugiati, in particolare quelli maggiormente vulnerabili, nella prima fase del percorso di integrazione, attraverso misure di sostegno all’ingresso nel mercato del lavoro ed all’alloggio. In ultimo appare opportuno favorire l’accesso dei beneficiari di protezione internazionale al permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. 7. Comunicazione I rappresentanti delle Istituzioni pubbliche, così come quelli del mondo politico, per favorire un clima di inclusione, dovrebbero adottare nelle proprie comunicazioni, sia a livello centrale che periferico, una terminologia ispirata ad una miglior comprensione del fenomeno migratorio. Sarebbe inoltre auspicabile che promuovessero attivamente un’informazione adeguata al fine di evitare che l’utilizzo comune di definizioni e termini sminuenti o discriminatori, come ad esempio la parola “clandestino”, si diffonda a danno di richiedenti asilo, rifugiati e migranti. 8. Cittadinanza In vista di una piena integrazione dei rifugiati nella società italiana, dovrebbe essere ulteriormente facilitata la loro naturalizzazione, come previsto dall’art. 35 della Convenzione di Ginevra. L’attuale legislazione italiana prevede che un rifugiato o un apolide possano chiedere di acquisire la cittadinanza italiana dopo cinque anni di residenza. 

Tale criterio dovrebbe essere esteso anche ai titolari di protezione sussidiaria. Inoltre, in occasione della eventuale riforma complessiva della cittadinanza, la naturalizzazione per residenza dovrebbe essere legata a criteri certi e procedure trasparenti, nonché determinata in tempi ragionevoli. 9. Apolidia Al fine di dimostrare maggiore impegno nel contrastare il problema dell'apolidia e prevenire futuri casi di apolidia, è auspicabile l’adesione dell’Italia alla Convenzione sulla riduzione dell’apolidia del 1961. La procedura di riconoscimento dello status di apolide, inoltre, andrebbe disciplinata in base a criteri di chiarezza e trasparenza. Infine, è auspicabile l’adozione di misure che possano prevenire l’apolidia e facilitare l’accesso alla cittadinanza italiana per persone della comunità Rom e Sinti, in particolare per i figli nati in Italia. 10. Governance L’asilo in Italia dovrebbe essere affrontato con una visione strategica di sistema. L’approccio emergenziale dovrebbe lasciare spazio ad una pianificazione sistematica degli interventi, sostenuta da risorse finanziarie adeguate. Va esplorata la possibilità di istituire una cabina di regia incaricata di razionalizzare ed ottimizzare le risorse destinate ai vari ambiti del sistema, garantendo standard adeguati e coordinando le misure volte all’inserimento socio-lavorativo dei beneficiari di protezione internazionale. A tal fine, sarebbe necessario dare concretezza, ad una governance multi-livello a cui partecipano i Ministeri competenti, le Regioni, gli enti locali e il terzo settore. 

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) chiede di dare la dovuta attenzione all’asilo ed alle politiche migratorie nei programmi elettorali. Al fine di migliorare il sistema asilo italiano, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha indirizzato oggi alcune raccomandazioni a tutte le forze politiche che andranno a comporre il prossimo Parlamento. In questi anni le normative adottate e le politiche poste in essere in Italia hanno portato ad alcuni significativi passi in avanti per la protezione dei rifugiati. Si registrano tuttavia situazioni di grave ritardo soprattutto, ma non solo, con riferimento all’accoglienza ed all’integrazione dei richiedenti asilo e rifugiati. L’attuale sistema di accoglienza nel suo complesso è insufficiente ad affrontare l’afflusso di richiedenti asilo e ad assicurare una seconda accoglienza alle persone che hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale. Inoltre, le politiche per l’integrazione dei rifugiati risultano non adeguate a garantire il loro inserimento socio economico. Anche in ragione di ciò in Italia si registrano situazioni di grave emarginazione sociale ed aumentano in molte città gli insediamenti spontanei e le occupazioni di edifici abbandonati anche da parte di nuclei familiari con minori. “E’ necessario che l’asilo e le politiche migratorie siano incluse nelle agende dei partiti” afferma Laurens Jolles, Delegato UNHCR per il Sud Europa “una risposta che permetta di affrontare in maniera più adeguata le sfide dell’asilo non è più procrastinabile”. L’UNHCR auspica pertanto che le raccomandazioni inviate oggi ricevano la necessaria considerazione nei programmi dei partiti per la futura attività parlamentare e nell’azione di Governo.



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