Stop al razzismo....si, ma non troppo eh!
di Giovanni Sgobba
BUSTO ARSIZIO - Veggente. E' quello che ho pensato di Gianni Mura dopo quanto è accaduto nell'amichevole di inizio anno tra Pro Patria e Milan. Veggente ed anche un po' profetico, forse non sorprendente per chi, come lui, mastica il mondo da anni ed inghiottisce palloni di varie forme da lustri. Lo scorso 30 dicembre leggevo un suo articolo sulla Repubblica, un vademecum di fine anno che collezionava in ordine alfabetico i 100 nomi del 2012. Alla lettera "O" il solo nome di Omolade Akeem, di velata e nebbiosa riminiscenza, che sembrava messo lì solo per riempire la casella altrimenti vuota: all'attaccante nigeriano che attualmente milita tra le file del Ribera, in Serie D (giusto per ricollocarci nel 2012), è legato un episodio risalente al Maggio 2001, certamente non attuale, quando i tifosi della sua squadra, il Treviso, si schierarono contro il suo ingresso in campo, tirando via gli striscioni, per poi nobilitare sempre più la loro decisione con un climax di cori razzisti culminati con l'uscita anticipata dallo stadio. Brutto, inqualificabile, ma come diceva De André "dal letame nascono i fiori" e la settimana dopo tutti i giocatori del Treviso, allenatore e panchinari inclusi, solcarono il terreno di gioco con i visi dipinti di nero. Il primo vero schiaffo al razzismo: non parole sibilline, loro ci hanno messo la faccia!
BUSTO ARSIZIO - Veggente. E' quello che ho pensato di Gianni Mura dopo quanto è accaduto nell'amichevole di inizio anno tra Pro Patria e Milan. Veggente ed anche un po' profetico, forse non sorprendente per chi, come lui, mastica il mondo da anni ed inghiottisce palloni di varie forme da lustri. Lo scorso 30 dicembre leggevo un suo articolo sulla Repubblica, un vademecum di fine anno che collezionava in ordine alfabetico i 100 nomi del 2012. Alla lettera "O" il solo nome di Omolade Akeem, di velata e nebbiosa riminiscenza, che sembrava messo lì solo per riempire la casella altrimenti vuota: all'attaccante nigeriano che attualmente milita tra le file del Ribera, in Serie D (giusto per ricollocarci nel 2012), è legato un episodio risalente al Maggio 2001, certamente non attuale, quando i tifosi della sua squadra, il Treviso, si schierarono contro il suo ingresso in campo, tirando via gli striscioni, per poi nobilitare sempre più la loro decisione con un climax di cori razzisti culminati con l'uscita anticipata dallo stadio. Brutto, inqualificabile, ma come diceva De André "dal letame nascono i fiori" e la settimana dopo tutti i giocatori del Treviso, allenatore e panchinari inclusi, solcarono il terreno di gioco con i visi dipinti di nero. Il primo vero schiaffo al razzismo: non parole sibilline, loro ci hanno messo la faccia!
I giocatori del Treviso pro Omolade |
Non bisogna indietreggiare di un passo, non lasciare il fianco al nemico, ma il timore che questo gesto resti un urlo afono, s'insidia a causa di tutto ciò che lo circonda. Perché non c'è peggior sconfitta nel sentirsi isolato ed emarginato anche da chi ti dovrebbe dire semplicemente "hai fatto bene", magari confortandoti con una pacca sulla spalla. Invece no, la terza legge della dinamica asserisce che ad "ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria", così, come troppo spesso avviene in questi casi, figure più o meno tirate in ballo diventano improvvisamente come l'Ulisse che nel passo delle sirene si fa tappare le orecchie.
Gigi Farili, sindaco di Busto Arsizio |
Invece, decisamente più convinta (a modo suo schietta, non c'è che dire) è stata la presa di posizione di Marco Reguzzoni, esponente della Lega lombarda, il quale ha affermato: "Boateng ha sbagliato, un professionista strapagato non reagisce così, ha perso i nervi comportandosi come una mammoletta, oltretutto di fronte a cori da stadio, magari offensivi ma non razzisti. Doveva evitare la sceneggiata da bambino viziato" aggiungendo: "Ho parlato con persone che erano allo stadio e mi hanno detto che non c’erano insulti razzisti ma degli sfottò verso la fidanzata del calciatore. Cose che succedono ogni domenica in tanti stadi. Busto è una città che non merita certe etichette, qui non ci sono razzisti. Se qualcuno tra il pubblico ha sbagliato che paghi. Ma non si può penalizzare tanta gente che va allo stadio per seguire uno sport amato"
Ma alle volte, le parole possono essere anche superflue: il pubblico di Busto non ha bisogno di un portavoce così con quei applausi rivolti ai giocatori mentre uscivano dal terreno di gioco, hanno voluto scandire, a modo loro, quel "avete fatto bene" che da altri esponenti non è arrivato.
Ma si sa, non esiste peggior sordo di chi non vuol sentire...
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