ANTONIO GRAMSCI: ingegnoso nume tutelare e autentico paladino della classe operaia (dedica personale al 1° MAGGIO)
Antonio Gramsci. (foto) ndr. |
di Cosimo Imbimbo
BARI, 29 Apr. - È possibile pensare la rivoluzione comunista nel secondo millennio? Lo è. Anzi
è inevitabile sia per dare continuità a un lungo e appassionante dibattito
teorico sia per la necessità di un riscatto materiale e morale dell’umanità di
fronte alle devastazioni della finanza globale e del capitalismo. In questo
modo si può sintetizzare il significato dell'eredità lasciateci da un uomo di
grande statura morale ed intellettuale Gramsci, un'autentica pietra miliare a
cui l'intera umanità deve un ossequiosa attenzione da leggere in chiave di
“Rinascita” nazionale.
Antonio Gramsci (Ales, 22 gennaio 1891 – Roma, 27 aprile 1937) è stato un
politico, filosofo, giornalista, linguista e critico letterario italiano.
Nel 1921 fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia e nel 1926 venne
incarcerato dal regime fascista. Nel 1934, in seguito al grave deterioramento
delle sue condizioni di salute, ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato
in clinica, dove passò gli ultimi anni di vita.
Gramsci è uno dei più importanti pensatori marxisti del XX secolo, e suoi
scritti – nei quali studiò e analizzò la struttura culturale e politica della
società – sono considerati tra i più originali della tradizione filosofica
marxista. Uno dei suoi contributi principali fu il concetto di egemonia
culturale, secondo il quale le classi dominanti impongono i propri valori
politici, intellettuali e morali a tutta la società, con l'obiettivo di saldare
e gestire il potere intorno a un senso comune condiviso.
A settant'anni dalla morte è oggi l'autore italiano
contemporaneo più tradotto e studiato nel mondo. Questa «fortuna» è dovuta
alle Lettere dal
carcere e ai Quaderni del carcere. Le prime costituiscono un monumento della
lingua e della
letteratura italiana, un esempio di grandezza intellettuale e morale che,
riconosciuto come tale
fin dall'apparire della loro prima e parziale pubblicazione, nel '47, oggi
concorrono alla
diffusione della nostra cultura in quasi tutte le principali aree linguistiche
del mondo. I secondi,
forse ancora più tradotti delle prime, costituiscono un classico del pensiero
politico del
Novecento. La cultura non è più qualcosa che si ottiene percorrendo
faticosamente una strada fatta di oscurità e di ostilità del mondo esterno,
conquistando il reale progressivamente, ma qualcosa di sempre disponibile,
presente, agile, flessibile, aperta, decentrata, plurale. L’orizzonte
telematico e digitale e le apparenze pubblicitarie offrono in questo senso i
modelli più esemplari, e in apparenza vincenti, di rapporto col mondo, creando
l’evanescenza del lavoro e della conoscenza. Indimenticabili le sue lettere
nonché le sue lezioni durante l'ora d'aria nel carcere Turi.
Gramsci fu un uomo politico e nella politica – l'azione, la lotta il pensiero
– risiede l'unità della
sua opera. Anche negli anni del carcere fascista, che ne logorò
irrimediabilmente la fibra e ne
spense prematuramente la vita, Gramsci fu «un combattente politico», un
riformatore europeo
e un grande italiano. Egli diede inizio alla più rilevante corrente
comunistica critica dello
stalinismo e alternativa al «marxismo sovietico». Non si possono leggere i
suoi carteggi e tanto
meno si può intendere il pensiero consegnato ai Quaderni del carcere
distaccandoli dalla sua
biografia e dalle lotte politiche che la segnarono. Ma esso trascende la sua
vita e, quanto più
trascorre il tempo, e le sue opere si diffondono in contesti storico culturali
lontani da quello in
cui furono originariamente concepite, tanto più la sua ricerca si afferma come
un «crocevia»
delle maggiori «questioni» del Novecento: i dilemmi della modernità, la
soggettività dei popoli,
le prospettive dell'industrialismo, la crisi dello Stato-nazione, le vie nuove
e difficili della
democrazia, il fondamento morale della politica. Così essa concorre a definire
un «programma
scientifico» anticipatore, vitale per la riflessione e l'impegno di noi uomini
e donne del
ventunesimo secolo.
Egli più volte sosteneva che il proletario può diventare classe dirigente e
dominante nel momento in cui riesce a creare una serie di alleanze con la
popolazione lavoratrice in modo tale da contrastare l'oppressione del
capitalismo e dello Stato borghese; riferendosi al contesto italiano, Gramsci
vuol saldare le alleanze grazie al consenso delle masse contadine. In Italia,
però, la questione contadina è connessa da un lato con la questione vaticana e
dall'altro con la questione meridionale. Il problema della saldatura politica e
culturale pone in primo piano la questione degli intellettuali, ossia di quel
ceto che sinora ha rappresentato la cerniera di unione fra il grande
proprietario e il contadino. Proprio dagli intellettuali deve partire quel
processo di rivoluzione sociale cui si farà garante il principe, il partito
comunista. Con questi orientamenti preparò poi e diresse nel dopoguerra il
periodico L'Ordine Nuovo, pubblicato tra il maggio 1919 e il dicembre 1920 con
il sottotitolo di "rassegna settimanale di cultura socialista," legandosi al
movimento torinese dei consigli di fabbrica il periodico voleva essere sia
strumento di ricerca culturale sia organo di lotta politica. Questa esperienza
si collocava, in una prospettiva rivoluzionaria, a sinistra del movimento
socialista dell'epoca, ma in consonanza con altri fermenti della cultura
italiana del periodo come quelli che facevano capo al neo-liberalismo di P.
Gobetti, che giudicò infatti positivamente l'opera del gruppo. Intanto in
Italia comincia quel periodo di disordini, che poi verrà chiamato il “biennio
rosso”, durante il quale gli operai manifestano il proprio malcontento,
occupando le fabbriche in cui lavorano. In questo periodo, Gramsci si batte per
l’affermazione dei consigli di fabbrica, sostenendo che questi debbano essere
eletti da tutti i lavoratori, affinché gli operai stessi assumano anche una
funzione dirigente. L’iniziativa ottiene il plauso anche di Piero Gobetti e
dai suoi neo-liberalisti, ma non viene vista di buon occhio dai massimalisti
del Psi. In conclusione può sembrare inopportuno e tutt'altro che agevole
parlare del pensiero filosofico e politico di Gramsci in un momento in cui i
chierici del neoumanesimo hanno posto il suo nome, dopo la recente e dolorosa
vicenda della sua vita, sull'altare dell'esaltazione più irriverente e della
credenza più irrazionale ed acritica: soprattutto in una situazione in cui
questo suo pensiero ha trovato e trova tuttora la giustificazione storica della
sua affermazione. Ma nulla e nessuna potrà arrestare il suo nobile cammino
ideologico alla luce di tanto conformismo da spazzatura, egli è resterà una
scia luminosa sulla strada di un'umana e migliore qualità di vita.
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