'La Buona Politica' - Enrico Letta. La sfida dei primi cento giorni
Il Presidente del Consiglio Enrico Letta. (foto com.) ndr. |
di Cosimo Imbimbo
BARI, 20 MAG. - Enrico Letta (Pisa, 20 agosto 1966) è un politico italiano, presidente del
Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana dal 28 aprile 2013.
Nel 1998 è stato nominato ministro per le politiche comunitarie del governo
D'Alema I, diventando il più giovane, fino ad allora, ministro della storia
della Repubblica.[2] È stato successivamente ministro dell'industria nei
Governi D'Alema II ed Amato II, e poi sottosegretario di Stato alla presidenza
del Consiglio dei ministri del governo Prodi II.
Cammino arduo e tortuoso attendono il novello capitano toscano. A partire dalla legge elettorale, che “deve uscire dal percorso di riforme istituzionali perché non si può andare a votare con il Porcellum e bisogna fare un rete di protezione in tempi rapidi qualora succedesse l’imponderabile”, che tradotto potrebbe significare il ritorno al Mattarellum. Sulle riforme, l’idea originaria della Convenzione, bloccata da Berlusconi, è stata sdoppiata. A prendere la parola è stato Quagliariello: la Convenzione sarà formata dalle commissioni Affari costituzionale di Camera e Senato mentre “consigli” arriveranno da un comitato di esperti esterni. Il risultato sarà sottoposto a una consultazione in Rete. Prima di illustrare la strategia operativa del governo, il presidente del Consiglio ha assicurato che nella sua squadra si va d’amore e d’accordo e sottolineato che lo stop ai comizi e l’impegno dei ministri a parlare solo dei temi del governo “è una decisione di buon senso per risolvere i problemi che ci sono e che non si risolvono con la bacchetta magica ma abbiamo bisogno di regole”. Ciò non toglie che “è evidente come le maggioranze variabili rendano complicata la vita del governo” ha specificato Letta a proposito della possibilità che su alcuni provvedimenti si formino maggioranze diverse da quelle che sostengono l’esecutivo. “Dopodiché – ha aggiunto – le forze politiche si assumeranno le responsabilità sui diversi temi”. Il suo vice, però, ha smorzato l’ottimismo, pur assicurando che i lavori andranno avanti: “I problemi ci sono, ma il governo non ha intenzione di farsi sopraffare dai problemi – ha detto Alfano – anche perché noi ci occupiamo dei problemi del Paese e lavoriamo per il bene dell’Italia”.
Su questo Letta non è stato ad ascoltare: “Fino a quando si discute nello spogliatoio con franchezza e lealtà è un aspetto positivo per il governo – ha detto – Poi, ognuno risponde alla sua coscienza e al Paese delle cose da fare e ognuno farà le sue scelte in libertà . Io in primis”. Enrico Letta ha voluto sfidare la malasorte e così poco dopo le diciotto e trenta ha dato il via alla due giorni con i ministri riuniti intorno al tavolo a ferro di cavallo. Accanto a lui il vicepremier Angelino Alfano e il sottosegretario alla presidenza Filippo Patroni Griffi. Si parte con il dossier Europa, i vincoli, la trattativa per superare le briglie di bilancio che possono condizionare pesantemente il percorso di questo esecutivo. Perciò il premier ha invitato la squadra di ministri a fare le loro proposte tenendo conto dei vincoli e dunque riforme a costo zero per dare un primo segno. Nella sala sconsacrata della chiesa dell'abbazia di Spineto vicino a Siena saranno di sicuro i numeri del ministro dell'Economia Saccomanni i dati più attesi, quelli dai quali dipendono le prime mosse dell'esecutivo: dalla nuova formulazione dell'Imu fino alle emergenze della cassa integrazione e degli esodati. Il neo premier raggiunto ha incassato un ricco accordo con Barroso anche sull’attuazione dell’unione bancaria. Ma qui si contrappongono ancora posizioni diverse. Se la sorveglianza unica e la garanzia sui depositi bancari non creano grandi problemi, sul meccanismo unico di soluzione delle crisi esiste una posizione contraria dei tedeschi nella parte in cui si prevede un fondo sul sistema bancario finanziato dai vari Stati membri. Nella serata del 1° maggio il premier italiano, sempre a Bruxelles, dopo l’ incontro all’Eliseo con il presidente francese François Hollande, ha avuto un colloquio anche con il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy.
Quest’ ultimo ha ringraziato Letta per la sua approfondita agenda europea e per il suo fermo impegno a «lavorare strettamente con le istituzioni europee e con i membri del Consiglio europeo per promuovere progressi rapidi e concreti per il completamento dell’Unione economica e monetaria», vanta ottime entrature nei circoli che contano, attivo e conosciuto nelle elite economiche internazionali: fa parte del board dell’Aspen Institute Italia assieme allo zio Gianni, ad Amato, Tremonti (che è il presidente), Prodi e Monti, è stato membro della Commissione Trilaterale e nel 2012 ha partecipato al meeting del Gruppo Bilderberg. Non si può dunque sostenere che Enrico Letta, ora Presidente del Consiglio incaricato per formare un governo con l’appoggio del Pd e del Pdl, non sia coerente. Sono gli elettori del Pd a essere stati illusi (o ad essersi illusi): credevano che, votando Pd, avrebbero dato il voto ad un partito che si proponeva di cambiare una situazione tragica, ovvero girare pagina rispetto sia al berlusconismo che al fallimentare governo Monti. Questa illusione è stata scientemente alimentata da Bersani, sia prima delle elezioni col famoso giaguaro, che dopo: “No al governissimo, altrimenti arriveranno giorni peggiori” (8 Aprile 2013); “A proposito di larghe intese, e governissimi, si è vissuto la fase del governo Monti. Noi siamo rimasti là , e Berlusconi s’è dato tre mesi prima. E quando lo incontro glielo dico: ti conosciamo mascherina. Noi abbiamo già dato. Che non ci venissero a proporre dei governissimi.
Se c’è qualche altra fantasia, ce la dicessero. Ma chi può credere che con Brunetta si possa fare un governo e riusciamo a imbroccare qualcosa?” (9 Aprile 2013); “Noi dobbiamo spiegare perché non vogliamo il governissimo: perché non è la risposta ai problemi. Perché non può scomparire dall’orizzonte un decennio dove ne abbiamo visto farne di cotte e di crude e portare questo paese alla deriva. Un bel da fare intanto dei 100 giorni ne sono passati ben15 senza esiti degni di nota...attendiamo. Poi, le tasse. Letta non parla di Iva, Irpef, o abolizione di Imu o Ires. Il premier incaricato ribadisce però l’esigenza di intervenire sulle tasse sul lavoro attraverso il cuneo fiscale per evitare “quella cosa, tremenda, di oggi per la quale chi oggi dà lavoro paga cento e il lavoratore ha e vede in busta paga cinquanta”. Richiama interventi sull’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. Poi, insieme alla riduzione del costo del lavoro (per favorire assunzioni a tempo indeterminato e rilanciare i consumi) e al cambiamento della tassazione alle aziende, promette politica industriale. Nei piani anche la difesa del made in Italy. Un invito alla concretezza che il presidente del Consiglio ha lanciato ai sottosegretari chiedendo «grandissima attenzione nella sobrietà , sia dell'organizzazione del lavoro sia nelle parole che si dicono».
Letta ha confermato che i sottosegretari che hanno anche un mandato parlamentare avranno «la stessa decurtazione dello stipendio» prevista per i ministri. Speriamo che al fiume di parole/promesse seguano fatti, il paese langue nella disperazione più nera e devastante. Oltre alle logiche temporali ci devono necessariamente logiche di rilancio e sviluppo su cui ogni parametro di sobrietà e contenimento non avrebbero alcun senso dinamico per la nazioni. Auguri Predidente.
Cammino arduo e tortuoso attendono il novello capitano toscano. A partire dalla legge elettorale, che “deve uscire dal percorso di riforme istituzionali perché non si può andare a votare con il Porcellum e bisogna fare un rete di protezione in tempi rapidi qualora succedesse l’imponderabile”, che tradotto potrebbe significare il ritorno al Mattarellum. Sulle riforme, l’idea originaria della Convenzione, bloccata da Berlusconi, è stata sdoppiata. A prendere la parola è stato Quagliariello: la Convenzione sarà formata dalle commissioni Affari costituzionale di Camera e Senato mentre “consigli” arriveranno da un comitato di esperti esterni. Il risultato sarà sottoposto a una consultazione in Rete. Prima di illustrare la strategia operativa del governo, il presidente del Consiglio ha assicurato che nella sua squadra si va d’amore e d’accordo e sottolineato che lo stop ai comizi e l’impegno dei ministri a parlare solo dei temi del governo “è una decisione di buon senso per risolvere i problemi che ci sono e che non si risolvono con la bacchetta magica ma abbiamo bisogno di regole”. Ciò non toglie che “è evidente come le maggioranze variabili rendano complicata la vita del governo” ha specificato Letta a proposito della possibilità che su alcuni provvedimenti si formino maggioranze diverse da quelle che sostengono l’esecutivo. “Dopodiché – ha aggiunto – le forze politiche si assumeranno le responsabilità sui diversi temi”. Il suo vice, però, ha smorzato l’ottimismo, pur assicurando che i lavori andranno avanti: “I problemi ci sono, ma il governo non ha intenzione di farsi sopraffare dai problemi – ha detto Alfano – anche perché noi ci occupiamo dei problemi del Paese e lavoriamo per il bene dell’Italia”.
Su questo Letta non è stato ad ascoltare: “Fino a quando si discute nello spogliatoio con franchezza e lealtà è un aspetto positivo per il governo – ha detto – Poi, ognuno risponde alla sua coscienza e al Paese delle cose da fare e ognuno farà le sue scelte in libertà . Io in primis”. Enrico Letta ha voluto sfidare la malasorte e così poco dopo le diciotto e trenta ha dato il via alla due giorni con i ministri riuniti intorno al tavolo a ferro di cavallo. Accanto a lui il vicepremier Angelino Alfano e il sottosegretario alla presidenza Filippo Patroni Griffi. Si parte con il dossier Europa, i vincoli, la trattativa per superare le briglie di bilancio che possono condizionare pesantemente il percorso di questo esecutivo. Perciò il premier ha invitato la squadra di ministri a fare le loro proposte tenendo conto dei vincoli e dunque riforme a costo zero per dare un primo segno. Nella sala sconsacrata della chiesa dell'abbazia di Spineto vicino a Siena saranno di sicuro i numeri del ministro dell'Economia Saccomanni i dati più attesi, quelli dai quali dipendono le prime mosse dell'esecutivo: dalla nuova formulazione dell'Imu fino alle emergenze della cassa integrazione e degli esodati. Il neo premier raggiunto ha incassato un ricco accordo con Barroso anche sull’attuazione dell’unione bancaria. Ma qui si contrappongono ancora posizioni diverse. Se la sorveglianza unica e la garanzia sui depositi bancari non creano grandi problemi, sul meccanismo unico di soluzione delle crisi esiste una posizione contraria dei tedeschi nella parte in cui si prevede un fondo sul sistema bancario finanziato dai vari Stati membri. Nella serata del 1° maggio il premier italiano, sempre a Bruxelles, dopo l’ incontro all’Eliseo con il presidente francese François Hollande, ha avuto un colloquio anche con il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy.
Quest’ ultimo ha ringraziato Letta per la sua approfondita agenda europea e per il suo fermo impegno a «lavorare strettamente con le istituzioni europee e con i membri del Consiglio europeo per promuovere progressi rapidi e concreti per il completamento dell’Unione economica e monetaria», vanta ottime entrature nei circoli che contano, attivo e conosciuto nelle elite economiche internazionali: fa parte del board dell’Aspen Institute Italia assieme allo zio Gianni, ad Amato, Tremonti (che è il presidente), Prodi e Monti, è stato membro della Commissione Trilaterale e nel 2012 ha partecipato al meeting del Gruppo Bilderberg. Non si può dunque sostenere che Enrico Letta, ora Presidente del Consiglio incaricato per formare un governo con l’appoggio del Pd e del Pdl, non sia coerente. Sono gli elettori del Pd a essere stati illusi (o ad essersi illusi): credevano che, votando Pd, avrebbero dato il voto ad un partito che si proponeva di cambiare una situazione tragica, ovvero girare pagina rispetto sia al berlusconismo che al fallimentare governo Monti. Questa illusione è stata scientemente alimentata da Bersani, sia prima delle elezioni col famoso giaguaro, che dopo: “No al governissimo, altrimenti arriveranno giorni peggiori” (8 Aprile 2013); “A proposito di larghe intese, e governissimi, si è vissuto la fase del governo Monti. Noi siamo rimasti là , e Berlusconi s’è dato tre mesi prima. E quando lo incontro glielo dico: ti conosciamo mascherina. Noi abbiamo già dato. Che non ci venissero a proporre dei governissimi.
Se c’è qualche altra fantasia, ce la dicessero. Ma chi può credere che con Brunetta si possa fare un governo e riusciamo a imbroccare qualcosa?” (9 Aprile 2013); “Noi dobbiamo spiegare perché non vogliamo il governissimo: perché non è la risposta ai problemi. Perché non può scomparire dall’orizzonte un decennio dove ne abbiamo visto farne di cotte e di crude e portare questo paese alla deriva. Un bel da fare intanto dei 100 giorni ne sono passati ben15 senza esiti degni di nota...attendiamo. Poi, le tasse. Letta non parla di Iva, Irpef, o abolizione di Imu o Ires. Il premier incaricato ribadisce però l’esigenza di intervenire sulle tasse sul lavoro attraverso il cuneo fiscale per evitare “quella cosa, tremenda, di oggi per la quale chi oggi dà lavoro paga cento e il lavoratore ha e vede in busta paga cinquanta”. Richiama interventi sull’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. Poi, insieme alla riduzione del costo del lavoro (per favorire assunzioni a tempo indeterminato e rilanciare i consumi) e al cambiamento della tassazione alle aziende, promette politica industriale. Nei piani anche la difesa del made in Italy. Un invito alla concretezza che il presidente del Consiglio ha lanciato ai sottosegretari chiedendo «grandissima attenzione nella sobrietà , sia dell'organizzazione del lavoro sia nelle parole che si dicono».
Letta ha confermato che i sottosegretari che hanno anche un mandato parlamentare avranno «la stessa decurtazione dello stipendio» prevista per i ministri. Speriamo che al fiume di parole/promesse seguano fatti, il paese langue nella disperazione più nera e devastante. Oltre alle logiche temporali ci devono necessariamente logiche di rilancio e sviluppo su cui ogni parametro di sobrietà e contenimento non avrebbero alcun senso dinamico per la nazioni. Auguri Predidente.
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