Russia. Pussy Riot, Masha chiede di nuovo la condizionale
Masha delle Pussy Riot. (foto) ndr. |
di Redazione
MOSCA, 24 LUG. - Una delle due Pussy Riot ancora in carcere, Maria Alyokhina, in mattinata ha chiesto di nuovo ai giudici di concederle la condizionale nell'udienza d'appello contro la decisione del Tribunale di Berezniki, che il 23 maggio scorso le aveva negato la scarcerazione anticipata.
Masha, come e' chiamata dai suoi sostenitori usando il classico diminutivo russo, partecipa in video-collegamento all'udienza apertasi oggi davanti a un Tribunale di Perm. In precedenza le era stata negato la possibilita' di essere presente in aula e per questo la ragazza, 25 anni, madre di un bambino piccolo, era entrata in sciopero della fame. Molti pero' si aspettavano di vederla all'udienza odierna, dopo che il 12 luglio era stata trasferita dalla colonia penale di Berezniki, regione di Perm, oltre mille chilometri da Mosca, dove si trova da quasi un anno), in un carcere preposto alla custodia cautelare a Solikamsk, terza citta' della regione. Secondo i suoi legali, come riporta l'agenzia di stampa 'Rapsi', Maria sara' portata con molta probabilita' in un'altra prigione, a Nizhny Novgorod.
Di questo trasferimento la ragazza ha chiesto oggi spiegazione ai magistrati, i quali hanno risposto che si tratta di un provvedimento di cui non sono responsabili. Alyokhina, insieme a Nadia Tolokonnikova e a Ekaterina Samutsevich, e' stata condannata nell'agosto 2012 a due anni di colonia penale per "teppismo motivato da odio religioso", per la ormai celebre 'preghiera punk' nella cattedrale moscovita di Cristo Salvatore: una performance anti-Vladimir Putin inscenata dal gruppo femminista nella chiesa simbolo della rinascita religiosa in Russia. Nel processo di appello, a ottobre, a Samutsevitch e' stata concessa la sospensione della pena, mentre sia a Nadia sia a Masha e' stata confermata. A entrambe, fra l'aprile e il maggio scorsi, e' stata negata la condizionale. Tra le motivazioni addotte dai giudici, il fatto che le ragazze non avessero mai dato segni di pentimento.
Il caso Pussy Riot ha sollevato un coro di critiche internazionali e ha mobilitato anche il mondo della musica. Due giorni fa un appello promosso da Amnesty International nell'ambito della campagna per la liberazione delle due ragazze ha raccolto l'adesione di oltre cento artisti di fama mondiale, tra cui Adele, Madonna, Bono, Yoko Ono, i Radiohead, Patti Smith, Bruce Springsteen e Sting. In una lettera aperta, i musicisti hanno espresso il loro "indignazione" per quello che ritengono sia stato un processo "iniquo".
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