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Il Tuo Avvocato. "Difendersi da truffe, bufale e acquisti on-line"

Le truffe online. (foto) ndr.

di Stefano Remine

BARI, 16 OTT. - L'acquisto “on-line”, ovvero ciò che tecnicamente sarebbe opportuno chiamare “stipula contrattuale di compravendita su piattaforma di network internazionale”, rappresenta la vera e propria moda del momento: lo confermano persino le stime dei più autorevoli Istituti di ricerca e sondaggi, i quali denotano un sostanziale e continuo aumento dei capitali investiti sulle piattaforme di vendita on-line e ne sono concreta riprova gli spazi pubblicitari televisivi che, pur essendo tutt'altro che a buon mercato, ci tempestano di indirizzi web che propongono una qualche forma di “e-commerce”, sintomo questo di un mercato in forte ascesa che ha bisogno di visibilità a largo raggio per battere la concorrenza. D'altro canto, oltre ad una moda, rappresenta un mera comodità che rischia di essere pagata a caro prezzo poiché alto è il rischio di imbattersi in una truffa. Per comprendere bene il meccanismo di una truffa on-line ed evitare di cascarci, è opportuno spiegare prima come avviene una vendita on-line corretta. In primo luogo il venditore pubblica un annuncio di vendita di un bene ad un determinato prezzo su siti di annunci, di aste online o su siti web e-commerce. Gli utenti interessati ad acquistare il bene entrano in contatto con il venditore tramite e-mail all'interno dello stesso sito; per acquistare il bene, generalmente, pagano in anticipo con carte di credito o prepagate. Nel momento in cui il venditore riceve il pagamento provvede alla spedizione del prodotto all'indirizzo dell'acquirente. Se fatta con queste modalità, la transazione di vendita è regolare. Tuttavia è possibile che si verifichino differenti defezioni che in alcuni momenti e per determinati avvenimenti possono essere legate al caso fortuito, all'errore od ala distrazione (cif. Codice Civile ) ma, sempre più spesso, nascondono modalità di truffa: può capitare che al ricevimento del pagamento la spedizione non avvenga, sia solo simulata e che il venditore prenda i soldi e scappi; oppure che si realizzino siti clonati con la recondita finalità di rubare informazioni quali il codice della carta di credito o ancora mediante aziende fallimentari che accumulano ordini, e introiti, senza la possibilità di evaderli. Malgrado ciò la situazione può diventare ancor più complicata in caso di spedizione di un pacco vuoto, una delle truffe più difficili da comprendere, in quanto non è semplice capire chi è in malafede e se c'è malafede: il “gioco” è facile e si sviluppa in pochi passaggi, il venditore prepara il pacco con la merce e lo consegna al vettore (posta, società di spedizioni, corriere, ecc); il vettore trasporta il pacco dal mittente all'acquirente e a sua volta l'acquirente firma la ricevuta di consegna, riceve e infine apre il pacco. Sorpresa!! Un pacco vuoto. A questo punto possiamo chiederci: di chi è la responsabilità? Il venditore ha spedito in malafede un pacco vuoto o con merce diversa? Il venditore ha spedito il pacco con la merce ma il pacco è stato successivamente manomesso da terzi nel corso della spedizione? L'acquirente ha ricevuto correttamente il pacco con la merce ma dichiara in malafede di aver ricevuto un pacco vuoto al fine di ottenere un rimborso dal venditore? E quindi come capire chi ha torto e chi ha ragione? Sarebbe opportuno, dunque, acquistare on-line con più attenzione e, prima di firmare la ricevuta di un pacco, necessario verificare che il pacco stesso sia per lo meno integro. In caso contrario è necessario far annotare qualsiasi anomalia di confezionamento sulla nota di consegna prima di firmarla, anche se la merce è di modico importo ed è ancora più difficile capire di chi sia la responsabilità. Da un lato, infatti, il venditore potrebbe aver spedito il pacco vuoto in malafede, contando sul fatto che il modico importo della merce disincentiverebbe le spese di una eventuale querela, in termini squisitamente economici e di impiego temporale. D'altro lato, si potrebbe verificare paradossalmente che l'acquirente in malafede possa dichiarare di non aver ricevuto nulla al fine di spingere il venditore a riconoscere un rimborso che chiuda bonariamente la contestazione per evitare cattiva pubblicità o eventuali cause legali. Buon consiglio per una corretta transazione è sicuramente verificare sempre la reputazione del venditore attraverso feedback o recensioni presenti in calce agli annunci di vendita e soprattutto la data d'iscrizione dello stesso commerciante ai suddetti siti: se la data è troppo recente, difatti, il rischio d'incappare in un venditore fasullo è maggiore. Altra buona regola sarebbe verificare sempre la possibilità di acquistare la merce in contrassegno e previo controllo a consegna effettuata. E' preferibile dare maggiore credibilità ai siti e-shop su domini con estensione “.it”, i quali a differenza dei domini internazionali (.com, .net ecc) necessitano di una iscrizione formale presso l'ente di registrazione domini italiano e sono più agevolmente individuabili sotto il profilo della responsabilità legale in caso di commissione di reato: a tal proposito, la normativa italiana prevede che tutti i siti di commercio elettronico riportino nella home page la partita IVA e la denominazione dell'azienda ed i siti più importanti di e-commerce hanno un certificato digitale che consente di verificare l'autenticità ad ogni utente visitatore. La responsabilità del gestore del sito nel caso in cui un utente se ne serva al fine di commettere reato, una responsabilità che definiremmo “relativamente oggettiva”, è generalmente trascurata dall'Autorità inquirente, se non altro perchè effettivamente il controllo del gestore sarebbe impossibile vista la mole di annunci e le innumerevoli transazioni che avvengono giornalmente nel mondo; ma, proprio per tamponare il fenomeno dell'illegalità e limitare i danni al consumatore, i gestori consigliano sempre di effettuare dei passaggi di danaro sempre tracciabili e con modalità garantite se non addirittura assicurate...si pensi al celeberrimo “PayPal” che nasce esattamente a questo scopo. Nonostante tutto delinquere risulta agevole e le truffe, o reati similari, sono miriadi anche se non sempre la persona offesa opta per la denuncia o per la querela. Nel momento in cui il danneggiato decida di denunciare il truffatore, invece, si rende conto di poter ricevere un'ampia tutela allorquando, recandosi dalle Autorità preposte, viene indirizzato e prende contatto con un intero settore, la Polizia Postale, particolarmente competente in materia di reati a mezzo internet od al più specifico GAT, cioè al nucleo anti-frodi telematiche istituito dalla Guardia di Finanza che ha sede a Roma. Occorre rimembrare che la truffa semplice, art. 640 c.p., è un reato generalmente perseguibile a querela di parte; al fine di procedere nei confronti del truffatore è necessario, quindi, proporre una formale denuncia-querela nel termine di tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato. Tale termine, non decorre dalla data di commissione del reato, ma da quella (eventualmente posteriore) in cui la persona offesa è venuta a conoscenza del fatto costituente l’illecito penale, intendendosi per conoscenza la piena cognizione di tutti gli elementi che consentono la valutazione dell’esistenza del reato. La denuncia in sé della notizia di reato potrebbe non bastare ai fini della procedibilità, seppur si stia emancipando la giurisprudenza a far ritenere il mezzo utilizzato, la rete telematica cioè, sufficiente ad integrare un'aggravante e, di conseguenza, ad individuare la procedibilità d'ufficio. Depositata la denuncia, o meglio la querela se non altro per provare ad ottenere già in sede penale un risarcimento civile, il primo nodo da sciogliere è l’individuazione del Giudice competente per luogo: la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria, facendo leva sull’art. 6, II comma, c.p.1 e sull’art. 8, I comma, c.p.2, ha ritenuto che la competenza si radichi nel momento e nel luogo in cui il reato si è consumato (cfr. Cass. Pen, Sez. V, 17.11.00, n. 4741, in materia di diffamazione a mezzo internet): in applicazione a tale principio, nel caso di perpetrazioni di truffe on line, la competenza andrebbe attribuita al Giudice del luogo in cui la persona offesa ha effettuato l’acquisto seppur telematico. Nell'ambito dell’eventuale procedimento penale instauratosi a carico del venditore l’acquirente danneggiato ha la possibilità di costituirsi parte civile allo scopo di poter ottenere il ristoro dei danni patrimoniali e morali subiti, pur se nella prassi giudiziaria raramente avviene la quantificazione dei danni ed il Giudice si limita a pronunciare una generica condanna, rimettendo le parti dinanzi al giudice civile. A patto di avere tutte le carte in regola, non deve preoccupare il ricorso alle vie legali anche per recuperare crediti di modesto importo; è, tuttavia, condizione imprescindibile aver conservato tutta la documentazione che nel suo evolversi ha scandito le diverse fasi del rapporto di compravendita, dalla e-mail contenti la conferma dell'ordine, fino agli estratti conto attestanti il pagamento, compresa ogni comunicazione inviata dal venditore. La giurisprudenza ha in questi ultimi tempi compiuto passi da gigante e sono sempre più i Tribunali disposti a riconoscere il valore di prova scritta anche alle semplici e-mail. Bisogna, in ogni caso, riporre attenzione alla condotta del presunto truffatore che, ricordiamolo sempre, tale sarà soltanto a seguito di condanna irrevocabile ed, almeno, tre gradi di giudizio: talvolta le condizioni disagiate possono spingere un soggetto in estremo bisogno a spingersi ai limiti della legalità, appropriandosi magari indebitamente di somme destinate a transazioni mai avvenute...in tal caso un pronto risarcimento può evitare l'intera vicenda giudiziaria e la remissione di querela seguita da accettazione segna l'estinzione processuale. Denunciare, non per lo specifico scopo di veder riconosciuti i propri diritti ma anche per contribuire alla prevenzione e repressione di taluni reati, diviene un dovere civico. E non deve demotivare (o addirittura essere ostativo) il costo dell’onorario di un Avvocato per l’assistenza giudiziale in quanto, in tale tipo di procedimento, nonostante possano essere anticipate dalla persona offesa, le spese vengono poste a carico dell’imputato condannato come stabilisce l’art. 541 c.p.p. che ''con la domanda che accoglie la domanda di restituzione o risarcimento del danno, il giudice condanna l’imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale''. 

Articolo a cura di: 
STUDIO LEGALE STEFANO REMINE 
P.zza Vittorio Emanuele 55-56 
Bari - Ceglie





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