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Economia. Autotrasporto: Cgia, da inizio crisi persi 16 mila 'padroncini'

La crisi degli autotrasporti. (foto) ndr.

di Redazione

ROMA, 14 DIC. - Tra il primo trimestre 2009 e il terzo trimestre 2013, cioe' dall'inizio della crisi a oggi, hanno chiuso quasi 16 mila imprese (-14,7%) del settore dell'autotrasporto merci su strada. Lo rivelano i dati diffusi dalla Cgia. Attualmente sono attive poco meno di 93 mila aziende. Di queste, il 68,5% e' costituito da imprese artigiane. Alle 93 mila realta' presenti sul nostro territorio nazionale vanno aggiunte almeno altre 40 mila attivita' prive di automezzi che svolgono quasi esclusivamente un'attivita' di intermediazione. Il 90% circa delle merci italiane viaggia su gomma. Per l'occupazione del settore non ci sono dati statistici puntuali che consentono di definire quanti sono gli addetti: tenendo conto che nell'ultimo censimento Istat sulle Imprese e i Servizi il numero medio di addetti per impresa del trasporto merci su strada e' di 4,3 (anno 2011), la Cgia stima, a grandi linee, che in Italia siano occupate tra le 350-400 mila persone. Dall'inizio della crisi hanno dunque perso il posto di lavoro quasi 70 mila addetti. A livello territoriale la regione che ha subito la contrazione piu' forte e' stata il Friuli Venezia Giulia. Dal primo trimestre 2009 al terzo trimestre 2013 il numero delle imprese e' diminuito del 20,7%. Altrettanto preoccupante e' la situazione venutasi a creare in Toscana (-19,1%), in Sardegna (-17,9%) e in Piemonte (-17,7%). Le ragioni dello stato in cui versa l'autotrasporto sono molteplici. Secondo uno studio presentato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel 2011, l'Italia presenta il costo di esercizio per chilometro piu' alto d'Europa: se da noi e' pari a 1,542 euro, in Austria e' di 1,466 euro, in Germania 1,346 euro, in Francia 1,321 euro. Ma in Slovenia e' di 1,232 euro, in Ungheria di 1,089 euro, in Polonia di 1,054 euro e in Romania e' addirittura di 0,887 euro. "Abbiamo i costi di esercizio piu' alti d'Europa - sottolinea il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi - per colpa di un deficit infrastrutturale spaventoso. Senza contare che il settore e' costretto a sostenere spese vertiginose per la copertura assicurativa degli automezzi, per l'acquisto del gasolio e per i pedaggi autostradali. Il che si traduce in un dumping sempre piu' pericoloso, soprattutto per le aziende ubicate nelle aree di confine che sono sottoposte alla concorrenza proveniente dai vettori dell'Est Europa. Questi ultimi hanno imposto una guerra dei prezzi che sta strangolando molti piccoli padroncini. Pur di lavorare - conclude Bortolussi - si viaggia anche a 1,10-1,20 euro al chilometro, mentre i trasportatori dell'Est, spesso in violazione delle norme sui tempi di guida e del rispetto delle disposizioni in materia di cabotaggio stradale, possono permettersi tariffe attorno agli 80-90 centesimi al chilometro. Con queste differenze non c'e' partita. Nonostante il legislatore abbia imposto i costi minimi a beneficio dei piccoli trasportatori, l'apertura del mercato italiano ai vettori e agli autisti provenienti dall'Est sta mettendo in seria difficolta' il nostro settore". In base agli aumenti registrati in questi anni, secondo la Cgia, tra il gennaio 2009 e lo scorso novembre, il prezzo alla pompa del gasolio per autotrazione e' aumentato del 55,7%. Anche i pedaggi autostradali hanno subito un incremento molto importante. Tra il 2010 e novembre di quest'anno l'incremento e' stato del 17,2%. Va pero' ricordato che gli autotrasportatori proprietari di veicoli con massa complessiva pari o superiore ai 7,5 tonnellate, possono richiedere il rimborso dell'accisa sul gasolio. La misura del beneficio per ogni mille litri di carburante consumato viene stabilita dall'Agenzia delle Dogane in relazione agli incrementi subiti dalle accise. Anche per i pedaggi autostradali e' possibile ottenere un rimborso annuale che e' in funzione dell'anzianita' dell'automezzo e del fatturato annuo dell'azienda.





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