Molfetta (Ba). Un piccolo spazio teatrale, ma dalle grandi emozioni
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Una immagine della rappresentazione. (foto) ndr. |
di Paola Copertino
BARI, 10 FEB. - Continua a emozionare, stupire, divertire, sorprendere la programmazione dello “SPAZIOleARTI”, il teatro molfettese che dall’inizio di dicembre sta proponendo una serie di spettacoli musicali e teatrali di ricerca, per un pubblico raffinato, aperto alle sperimentazioni, pronto a godere di nuove sonorità oltre che di testi teatrali originali. Dopo il quarto appuntamento della rassegna musicale EMOZIONI D‘ASCOLTO, curata da Francesco Grillo, con il concerto “Intrecci Blues” di Sandro Corsi che si è esibito alla chitarra acustica, banjo, voce ed armonica, accompagnato da Umberto Calentini al contrabbasso ritmico, è seguito quello dedicato al teatro, in una perfetta alternanza di testi e musica. Lesibizione del duo acustico ha regalato emozioni grazie alla contaminazione di vari generi musicali, dallo swing al blues, dai ritmi del mediterraneo alle ballate. Fra i progetti più celebri di Sandro Corsi va ricordata la realizzazione della colonna sonora di “Focaccia blues”, film interpretato da Michele Placido, Renzo Arbore e Lino Banfi, nel quale si racconta la storia di Luca Digesù, che con il suo piccolo forno ad Altamura ha fatto fallire il Mc Donald's accanto. Ma ora passiamo allo splendida performance di Fabrizio Saccomanno con il suo IANCU,UN PAESE VUOL DIRE, appuntamento che rientra nella rassegna Verso Le Alt(r)e Sponde, curata da Vito D‘Ingeo. Lo spettacolo è una produzione dei Cantieri Teatrali Koreja, il testo è di Francesco Niccolini e dello stesso protagonista, la scenografia è stata curata da Lucio Diana mentre la regia è opera di Salvatore Tramacere. In questo piccolo e raccolto spazio, qual è il teatro molfettese di Via Piana ha preso vita il racconto di un‘infanzia, degli inganni e delle illusioni che caratterizzano questo magico momento della vita. È il racconto corale di un‘epoca; infatti Fabrizio Saccomanno, pur stando da solo sul palco, pare invece aver trasportato in teatro tutto il paese con le sue chiacchiere, i suoi protagonisti, il suo mormorio, i fatti e i misfatti di una intera comunità . Attraverso gli occhi di un bambino di otto anni viene ricostruito il mosaico del ricordo: uno strano e deformato affresco degli anni 70 nel profondo Sud. Un sud che oggi non c'è più, piazze e comunità che si sono svuotate e hanno perso il loro perchèé. Questo è il racconto di una giornata. Una domenica dell'agosto del 1976 in cui la grande Storia, quella con la S maiuscola, invade la vita e le strade di un paese del Salento. Un famoso bandito, fuggito dal carcere di Lecce due giorni prima, è stato riconosciuto mentre si nasconde nelle campagne del paese. Inizia così una tragicomica caccia all'uomo che coinvolge un po' tutti. Non si nota oggi più la finestra chiusa o aperta del vicino, le sue abitudini, i gesti sempre uguali che si perpetuano nel tempo o si tramandano di padre in figlio. Con quegli occhi a volte spalancati, altre socchiusi, altre ancora addormentati e in sogno, si racconta un mondo, frammenti di storia e di uomini e di donne, di battaglie tra bande e rivali e giochi pericolosi. Un insieme di storie, di frammenti di vita, di incontri e scontri, di momenti di poesia e di ilarità che ha tenuto l‘attenzione dello spettatore sempre desta. Tante storie, dicevamo, che vengono scosse di colpo dall’arrivo (presunto e mai verificato) del bandito Mesina, che si nasconde tra le case, e che tutti cominciano a cercare in una tragicomica danza. Lo spettacolo è denso di contenuti, tutti interessanti, e Saccomanno interpreta i personaggi felliniani e le storie con una grande capacità di trasformismo. Grazie alle sue mani, alla gestualità , ai suoni prodotti dai suoi piedi nudi che calcano la scena, da solo occupa e riempie il palco. In questo racconto si alternano momenti drammatici a quelli grotteschi e caricaturali, sempre con un ritmo piacevolissimo. Vi sono preti, contadini, bambini, chierichetti, soldati, libellule e meretrici, ognuno conquista il suo spazio e la scena, quasi fosse veramente presente. È il racconto di un Sud che non c’è più con la sua piazza, fulcro di vita e di incroci di esistenze. Di grande impatto emotivo anche la ripetizione di alcune frasi: “un paese vuol dire“, quasi a sottolineare la coralità del testo. Lo spettacolo si è concluso con un caloroso e lunghissimo applauso al bravissimo attore e interprete Fabrizio Saccomanno che ha ringraziato il pubblico per l‘omaggio a lui tributato. La serata poi ha avuto anche un momento conviviale con la possibilità di degustare piatti tipici e semplici, insalate provenienti da un mix di culture abbinate ad un buon bicchiere di vino rosso e di fare quattro chiacchiere con l‘artista che si è concesso agli ospiti e alle loro domande e curiosità .
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