Estero. Egitto: pugno di ferro contro Fratellanza, 529 condanne a morte
I fratelli musulmaani. (foto Agi) ndr. |
di Redazione
IL CAIRO, 24 MAR. (AGI) - In Egitto pugno di ferro contro i Fratelli musulmani: il tribunale di Minya ha condannato a morte 529 sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi, in un maxi processo che vedra' altre centinaia di imputati finire alla sbarra nei prossimi giorni. Tra i condannati, 153 sono gia' agli arresti e 376 risultano tuttora latitanti. Fanno tutti parte degli oltre 1200 sostenitori di Morsi sotto processo a Minya, 250 chilometri a sud del Cairo, accusati dell'uccisione di poliziotti e di violenze e danneggiamenti in seguito allo sgombero, il 14 agosto scorso, di due accampamenti di islamisti al Cairo che protestavano contro la deposizione di Morsi. La sentenza verra' ora sottoposta al mufti' per l'approvazione. Secondo esperti legali, e' probabile che venga rovesciata in appello. Immediata la reazione della Fratellanza che ha condannato il verdetto, definendolo "un'altra indicazione che la magistratura corrotta viene usata dai comandanti del colpo di Stato per sopprimere la rivoluzione egiziana e installare un brutale regime". Condanna e' arrivata anche da Amnesty International, convinta che si tratti di un grottesco esempio delle carenze e della natura selettiva del sistema giudiziario egiziano. "E' un'enorme ingiustizia, le condanne a morte devono essere annullate", ha commentato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord dell'organizzazione, sottolineando che "i tribunali egiziani sono solleciti nel punire i sostenitori di Morsi ma ignorano le gravi violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza". Sempre secondo Ai, almeno 1.400 persone sono morte nella repressione dei sostenitori di Morsi e altre migliaia sono state arrestate. Lo stesso presidente deposto e' sotto processo con diverse imputazioni, tra cui incitamento all'uccisione di manifestanti fuori dal palazzo presidenziale mentre era ancora in carica. Lo stesso giorno della sentenza contro i militanti islamisti, sono tornati alla sbarra anche i giornalisti di Al-Jazira sotto processo con l'accusa di aver diffuso notizie false e di aver aiutato la Fratellanza, messa al bando, e il presidente deposto. Tra gli imputati, c'e' il famoso reporter australiano Peter Greste che ha protestato per aver passato "tre mesi in carcere in base ad accuse senza fondamento". "Vogliamo essere rilasciati, non abbiamo fatto niente", ha confermato il capo dell'ufficio del Cairo dell'emittente, Mohamed Fadel Fahmy. Da parte sua, la procura ha insistito sull'accusa di collusione con il gruppo terroristico, come e' stata ufficialmente definita la Fratellanza, sostenendo che con la loro attivita' hanno tentato di rappresentare l'Egitto preso nella morsa di una "guerra civile". Il caso dei giornalisti di Al Jazira imprigionati in Egitto ha suscitato un'ondata di proteste in tutto il mondo, spingendo il presidente ad interim Adly Mansour a promettere di lavorare per una "rapida soluzione". Il processo e' stato aggiornato al 31 marzo.***Questo Spazio pubblicità è in vendita***
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