Maria Grazia Cucinotta: le hanno fatto credere che 'La Moglie del Sarto' fosse un capolavoro, invece le hanno rifilato un bidone!
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La locandina del film. (foto) ndr. |
di Romolo Ricapito
BARI, 18 MAG. - Esce finalmente nelle sale il film girato nel 2012 "La Moglie del Sarto", interpretato nel ruolo principale da Maria Grazia Cucinotta.
A dirigere, Massimo Scaglione, che ha anche co-sceneggiato il tutto con Rosaria Gaudio.
Nei crediti finali, altri "Scaglione" scelti come collaboratori. Dunque un film " familiare" che vede la Cucinotta sin dalla prima scena esibire un bel décolleté, per poi mortificarsi in abiti meno "spinti". Infatti, nel ruolo di Rosetta, Cucinotta rimane subito vedova di un ricco e anziano sarto, tale Edmondo Pignatari. Un'unica figlia sulle spalle, ovvero la graziosa Sofia , la donna è costretta a portare il lutto e non può leccarsi le ferite. Anche perché un gruppo di "bastardi"speculatori, inviati dallo stesso notaio che ha redatto il testamento, sono intenzionati con le buone o con le cattive (ma soprattutto con le cattive) a impadronirsi degli immobili ereditati, per realizzare, tra l'altro, un hotel esclusivo e una serie di altre speculazioni edilizie. E' evidente sin da subito che il film è molto "artigianale". Questo sfocia ben presto, però, in tanta mancanza di professionalità , esibita su vari livelli.
I personaggi di contorno di questa storia ambientata nella Calabria del 1960 sembrano delle maschere e recitano male ; la fotografia invece, nitida e realistica, è di puro stampo televisivo.
Maria Grazia Cucinotta deve sostenere il gran pasticcio della recitazione dei comprimari, in uno dei ruoli più difficili della sua carriera, ma se vogliamo anche il più riuscito, a dispetto dell'impianto a dir poco "tremendo", nella sua totale esecuzione.
Non stonano la coprotagonista Marta Gastini e neppure il giovane Alessio Vassallo. Ma tutto il resto sa di raccogliticcio e non basta il breve cameo di Tony Sperandeo nelle vesti del "puparo "a risollevare l'impianto, completamente alla deriva.
Sorvolando sulla recitazione parrocchiale di tutti gli altri , la pellicola vorrebbe essere il manifesto di tanti affaristi e speculatori edilizi che hanno popolato (e rovinato) l'Italia sino ai nostri giorni.
Le difficoltà del personaggio della Cucinotta sono quelle tipiche di tante vedove del sud, immediatamente facili prede di sfruttatori , coloro cioè che non tollerano l'indipendenza femminile. Rosetta e la figlia Sofia mandano avanti l'avviata sartoria dello scomparso marito e padre, ma vengono malviste in quanto donne orgogliose, discrete e libere da compromessi. .
Sono sufficientemente ben sfruttati gli esterni, che mostrano belle spiagge e suggestivi tramonti (sfortunatamente "immobili", questi ultimi, come in un fermo-immagine) anche per ovviare alla rappresentazione di banali interni.
Man mano che il film diventa sempre più brutto, la Cucinotta resiste al crollo dell'impianto narrativo che assume definitivamente un aspetto grottesco, concretizzatosi in una delle scene più kitsch del cinema italiano degli ultimi vent'anni: l'incubo di Rosetta, rappresentato con le facce di comparse o attori minori che si gonfiano come palloni di gomma fino a scoppiare. Punto più basso di un cinema malriuscito, perché scarsamente dominato nell'esecuzione da chi lo ha ideato.
Tutto l'andamento è un alternarsi di scene sempre più imbarazzanti con primi piani assurdi che contraddicono scene ariose.
Inoltre la storia non è originale, perché la suocera incestuosa che impallina il giovane genero è una replica di La Lupa, dramma tratto da Giovanni Verga portato in teatro da Anna Magnani e al cinema (più di recente) nel ruolo clou da una Monica Guerritore che incantava Raoul Bova, sposato appunto con la di lei figlia.
Anche il commento musicale è strampalato, finanche corredato da canzoni invadenti cantate da artisti sconosciuti.
Stupisce il consenso della Cucinotta, produttrice affermata, a questo film davvero risibile. Evidentemente però l'ex "Postina"di Neruda deve essersi ingolosita per un ruolo sostanzioso in grado di darle modo, finalmente, di fare partecipe il grande pubblico del suo talento, maturo come la Sophia Loren di Ieri, Oggi e Domani di De Sica.
C'è poi una scena "alla Magnani", quando cioè la Cucinotta spacca tutto prendendosela con i suoi persecutori, ma troppo breve all'interno di un insieme scadentissimo.
Certamente questo film, che pare destinato soprattutto all'estero, appare schizofrenico: indubbiamente anacronistico, avulso da qualsiasi contesto di attualità cinematografica e a digiuno di tecniche in tutto: montaggio, direzione degli attori, tempismo, buon gusto.
D'altra parte, come si è detto, la Cucinotta è talmente brava che le si perdona questo passo falso. Oltretutto ella si accompagna alla "figlia", Marta Gastini, che già affiancò nel ruolo della zia nel film horror Il rito, con Anthony Hopkins. Anche Alessio Vassallo se la cava, nel ruolo dell'amante della "suocera,"mentre i "peggiori" sono Claudio Botosso, Ninni Bruschetta e la pleonastica Anna Prete.
Se fossimo poi negli Stati Uniti, il regista meriterebbe Il Razzie Award, detto anche Pernacchia d'Oro.
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