Spazio pubblicità disponibile

Ultim'Ora

Cosenza. Il mosaico della morte

Carmine e sua madre. (foto) ndr.

di Carmine Calabrese e Aida Barbieri

COSENZA, 20 SET. – Mamma morte, riaffiorano i ricordi. Torna prepotentemente d'attualità, il caso giudiziario di Daniela Falcone, la 44enne di Rovito, ribattezzata la “Medea” cosentina, responsabile della brutale uccisione di suo figlio, Carmine De Santis, di 11 anni appena. “Mamma morte”, dopo la fase detentiva nella sezione femminile del penitenziario di Castrovillari, è stata scarcerata ed è attualmente ricoverata, in stato di arresto, in una comunità terapeutica psichiatrica di Camini, nel reggino. La donna, dopo un lungo periodo di silenzio e di dissociazione dalla realtà, ha ripreso a parlare. Lo fa dosando pensieri e frasi. Lo fa con il personale medico e infermieristico e, soprattutto, con lo specialista in psichiatria Giorgio Liguori, nominati dalla Procura della Repubblica di Paola, per valutare lo stato di salute mentale della 44enne assassina. Lo psichiatra l'incontra quasi ogni settimana, dal giorno del suo arresto. E' stato proprio lo stesso specialista della mente umana a segnalare alla magistratura paolana l'incompatibilità della donna con il regime carcerario, diagnosticandole un “disturbo di conversione con amnesia psicogena e un'afonia, causata da uno stress acuto. Daniela Falcone, come detto, ha ripreso a parlare, ma soprattutto ha iniziato a ricordare, facendo i conti con la realtà. Ancora non ammette di aver ucciso suo figlio. Ancora ripete a sanitari, familiari e conoscenti che il suo Carmine è vicino a lei. Lei lo vede, gli parla, l'abbraccia. E' convinta perfino di accarezzarlo. Ma non finge. Le sue, per come ribadito dallo stesso psichiatra, sono convinzioni reali. Forse è il prodotto difensivo di un meccanismo di protezione e di distacco da ciò che ha fatto. Parla e quando si stanca o ha poca voglia di conversare, preferisce scrivere, mettendo pensieri, in maniera quasi elementare, sul foglio. In uno di questi appunti, fa riferimento al marito e a quella violenta lite che ebbe con lui la sera prima che decise di porre fine alla vita del suo ometto. Scrive di quella relazione extraconiugale che il marito in un acceso scontro verbale le confessò. Il suo scritto finisce qua. Non va oltre. Scrive del marito, ricorda la lite, puntualizza su quella relazione extraconiugale, ma, al tempo stesso, chiede, con meraviglia, perchè suo marito non sia lì, seduto vicino a lei e al loro Carmine. E, mentre scrive, secondo l'attenta osservazione della psichiatra cosentino, non esprime alcun sentimento, men che meno fa trasparire alcuna emozione. Non c'è accenno di rabbia, non c'è impeto di dolore, non c'è segno di rancore, non c'è misura di pentimento. Quando il dottor Liguori s'accorge dei primi segni di stanchezza nella 44enne, interrompe ogni forma di dialogo. I familiari sono lì con lei. Le stanno vicino, la tranquillizzano, le tengono compagnia. Sanno che, nonostante quello che ha fatto, non possono mollarla. Non se la sentono di lasciarla da sola, prigioniera delle sue amnesie, intrappolata nel suo labirinto di ricordi sbiaditi e pezzi di realtà rimossi. Le hanno trovato anche assistenza legale, scegliendo l'avvocato Gianluca Serravalle. Il penalista del foro cosentino, sin dal giorno del suo incarico, ha puntato tutta la difesa della donna sull'instabilità mentale. Proprio per questo il gip del Tribunale di Paola, Pierpaolo Bortone, acquisito anche il parere favorevole del sostituto procuratore Linda Gambassi, titolare dell'inchiesta giudiziaria, ha prorogato di tre mesi l'incidente probatorio, fissando l'udienza per il prossimo 4 novembre. LA FUGA, L'OMICIDIO, IL RITROVAMENTO – Lo scorso primo marzo, Daniela Falcone, si svegliò agitata. Quella furibonda lite con il marito, nel corso della quale lui le aveva confessato di avere una relazione extraconiugale, l'aveva segnata. Forse la paura di essere lasciata, forse la rabbia di donna tradita, forse e chissà ancora quanti troppi forse, le fecero scattare in mente una reazione. Incontrollabile, ma lucida. Secondo l'analisi investigativa effettuata dagli agenti della squadra Mobile di Cosenza, diretti dal vicequestore aggiunto Giuseppe Zanfini, in base ai riscontri della Procura di Paola, competente per territorio e grazie all'analisi comportamentale della donna, effettuata dagli psichiatri, Daniela Falcone, quella mattina uscì di casa e andò a scuola del figlio. Erano all'incirca le 9:30. La 44enne, per come raccontato anche dalle insegnanti del piccolo Carmine e dal personale non docente, era tranquilla. Salita in macchina con il figlio, ingranò la marcia e prese la direzione del mare. Durante il tragitto verso la destinazione scelta, Daniela avrà pensato a suo marito, a quell'altra donna che se lo sarebbe portato via, a suo figlio. E forse tutto questo le ha fatto deflagrare l'impeto. La 44enne prende la strada della montagna che si affaccia sullo splendido scenario paesaggistico del Tirreno e ferma la corsa dell'auto in mezzo agli alberi. Nel silenzio della natura. La località Arciprete di Paola è una zona poco o per nulla frequentata, lontana dal traffico, distante da occhi e orecchie indiscrete. Gli unici occhi e le sole voci che si sentono sono quelli degli uccelli appollaiati sugli alberi. Durante il tragitto ha fatto anche bere suo figlio. Acqua e succhi, miscelati a sedativi per annullare le sue difese. Una volta fermata l'auto, la 44enne ha preso un coltello e delle forbici dalla sua borsa e ha iniziato ad infierire su suo figlio, stordito dall'effetto devastante dei tranquillanti e incapace di reagire contro quell'accanimento indemoniato di sua madre. Carmine De Santis ha cercato anche di difendersi, graffiando sua madre sulle braccia e ferendola alla gola. Ma contro quella volontà assassina non ha potuto davvero nulla. Troppo debole nei suoi 11 anni per salvarsi la vita da solo. Dopo aver ucciso il figlio, Daniela ha anche tentato il suicidio, utilizzando le stesse armi. Tutto questo accadeva, mentre suo marito allertava amici, conoscenti, familiari e forze dell'ordine, per segnalare la misteriosa scomparsa di sua moglie e del figlio. Mentre partivano ricerche e venivano smistati gli sos, un gruppo di forestali ha notato l'auto. Alcuni si sono avvicinati, facendo la macabra scoperta. Il piccolo, sanguinante era senza vita, riverso sul lato passeggero, la donna agonizzante e in stato di semincoscienza al lato guida. Immediatamente è stata allertata la sala operativa di 112, Polizia e carabinieri. L'arrivo delle forze dell'ordine ha fatto il resto. Daniela, medicata è stata trasportata d'urgenza in ospedale e operata all'Annunziata. Poi per lei è scattato lo stato di fermo. Con l'accusa pesantissima: aver ammazzato suo figlio. Il resto è storia recente, tra risvolti giudiziari e amnesie di ricordi. Tutti da liberare.





***Questo Spazio pubblicità è in vendita***

Nessun commento