Cofferati attacca: il Pd e' alla frutta. Modello Renzi compra voti
Sergio Cofferati. (foto agi) ndr. |
di Redazione
ROMA, 19 GEN. (AGI) - "E' un partito alla frutta. Il modello Renzi compra voti". Lo dice in una intervista alla Repubblica, Sergio Cofferati dopo le sue dimissioni dal Pd. "Vedo che Renzi - spiega - va in televisione a darmi dell'ipocrita, che i vicesegretari bollano come inspiegabile e ingiustificato il mio addio al pd. Solo insulti e offese. Se un partito invece di chiedersi le ragioni delle dimissioni di uno dei suo fondatori reagisce cosi', siamo alla frutta. Anzi, siamo ormai al digestivo". E aggiunge: "per un mese e mezzo ho informato la Serracchiani e Guerini, i due vice di Renzi, dello scempio che si stava consumando in Liguria, dei rischi di inquinamento del voto, della partecipazione organizzata del centrodestra con l'Ncd e anche Forza Italia alle nostre consultazioni per votare e far votare la Paita, con la partecipazione attiva di certi fascistoni mai pentiti e la presenza perfino di personaggi in odor di mafia ai gazebo e ai seggi". E "Nessuna risposta - rincara - Cosi' i pericoli che temevo si sono puntualmente avverati. E'stata pianificata una vittoria a tavolino". Per Cofferati, "la segreteria nazionale e' stata, diciamo, assente, distratta, lontana. Salvo negli ultimi giorni quando e' piombata il ministro Pinotti a sostenere la Paita e una formula politica per la regione che mai si era discussa qui e che io mai avrei appoggiato: le larghe intese con il centrodestra, l'esportazione anche in Liguria del modello nazionale renziano.
Per imporre, realizzare questo modello politico si e' fatto ricorso in modo spregiudicato al sostegno del centrodestra nelle primarie del nostro partito. E anche all'inquinamento con voti comprati. Sta tutta qui la ragione delle mie dimissioni - spiega ancora Cofferati - la ferita politica che si e' aperta con il Pd e non solo in Liguria. Sono stati cancellati i valori stessi su cui e' nato il Partito Democratico".
IL CASO PESERA' SUL VOTO PER IL COLLE - L'onda d'urto dell'addio di un padre nobile del Pd come Sergio Cofferati si fara' sentire anche sulle prossime scadenze istituzionali, prima fra tutte la legge elettorale e l'elezione del Capo dello Stato. "Il modo sbrigativo, offensivo per la dignita' di Cofferati, con cui la sua scelta e' stata trattata, pesa notevolmente sul Quirinale", spiega Stefano Fassina. Ma e' tutta la minoranza dem a tornare a chiedere un confronto politico sul modello partito. Perche' a pesare piu' delle dimissioni e' il modo in cui queste sono state recepite dai vertici. "Non so cosa deve succedere ancora perche' nel partito si apra una riflessione su cosa e' diventato il Pd e dove vuole mettersi. Se e' diventato un partito di centro destra, sarebbe importante che lo dicesse il segretario per primo". In questo clima, larga parte della minoranza Pd si prepara a chiedere il conto a Matteo Renzi in occasione della votazione sulla riforma elettorale, da martedi' al Senato.
Oggi, alle 14, il presidente del consiglio e segretario del partito incontrera' i senatori a Palazzo Madama.
In settimana, riferiscono fonti parlamentari, si terranno "riunioni unitarie della minoranza dem, al di la' delle sigle e delle correnti", sul merito della riforma. "E' chiaro che andremo avanti nel chiedere la modifica del passaggio sui capilista bloccati", spiega un esponente della minoranza dem, "presenteremo l'emendamento e, se la modifica non arrivera', di certo non voteremo il provvedimento finale, terremo il punto".
Quanti? "Certamente molti di noi. C'e' ormai la consapevolezza che non si puo' discutere solo della tempistica dei provvedimenti, della velocita' con cui approvarli. Sono temi troppo importanti per la democrazia italiana". Anche per Alfredo D'Attorre, "l'indisponibilita' a ridiscutere i capilista bloccati possono generare 'strappi' nel partito. Presupposto per affrontare l'elezione del Capo dello Stato con serenita' e' invece l'unita' del Pd. Questo incrocio voluto da Renzi tra partita delle riforme, legge elettorale ed elezione del Capo dello Stato e' preoccupante.
Chiudere la partita dele riforme tenendo aperta quella per il Quirinale e' tutt'altro che facile". Non e' facile, al momento, nemmeno per gli esponenti di primo piano tenere il conto di quanti sarebbero pronti ad arrivare a non votare la legge elettorale. Si e' convinti, pero', che una astensione di massa certificherebbe una spaccatura nel partito che aprirebbe la strada alla scissione.
Quella di Cofferati, spiega un senatore, potrebbe essere la prima di una lunga serie di defezioni "in stile Grillo. Sulla legge elettorale, dunque, "si misurera' l'importanza che Matteo Renzi da' alla tenuta del Partito Democratico", chiosa Alfredo D'Attorre.
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