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Patente sospesa perche' e' gay. Cassazione, "maxi risarcimento"

Maxi risarcimento per patente sospesa a gay. (foto Agi) ndr.

di Redazione

ROMA, 23 GEN. (AGI) - Ha diritto a un maxi risarcimento chi e' vittima di episodi di omofobia: e' quanto riconosce la Cassazione a chi subisce discriminazioni sessuali, con una palese violazione della privacy in relazione alla propria omosessualita'. La Suprema Corte ha cosi' affrontato il caso, gia' salito alla ribalta delle cronache, del giovane che, nel 2001, aveva dichiarato di essere gay durante la visita per il servizio di leva e che, qualche mese dopo, aveva ricevuto dalla motorizzazione civile di Catania la notifica di un provvedimento di revisione della patente di guida, con cui si chiedeva di sottoporsi a un nuovo esame di idoneita' psico-fisica. Gli atti della motorizzazione erano risultati conseguenti alla comunicazione che l'ospedale militare di Augusta aveva eseguito proprio in seguito alla vista di leva del ragazzo. Il giovane, dunque, aveva citato in giudizio i ministeri delle Infrastrutture e trasporti e della Difesa, chiedendo un risarcimento danni pari a 500 mila euro. In primo grado, il giudice aveva accolto la domanda, condannando i ministeri a versare al ragazzo un risarcimento di 100 mila euro, ma la somma era stata notevolmente ridotta e fissata in 20 mila euro in appello. I giudici di secondo grado, infatti, avevano rilevato che la somma riconosciuta dal tribunale fosse "esorbitante" e "del tutto priva di riscontro motivazionale": la patente di guida non era stata "revocata" e "l'illegittima diffusione dei dati afferenti all'identita' sessuale" era rimasta "circoscritta ad ambito assai ristretto". Quindi tutto cio' bastava, secondo la Corte d'appello, "a ridimensionare la misura delle sofferenze psico-fisiche ingiustificate pure inflitte" al ragazzo. La terza sezione civile della Suprema Corte ha invece annullato con rinvio la sentenza d'appello, ritenendo fondato il ricorso presentato dal giovane: "non pare revocabile in dubbio -si legge nella sentenza depositata oggi- che la parte lesa sia stata vittima di un vero e proprio (oltre che intollerabilmente reiterato) comportamento di omofobia". I giudici di piazza Cavour ricordano che "il diritto costituzionalmente tutelato alla libera espressione della propria identita' sessuale" e' stato "espressamente ascritto al novero dei diritti inviolabili della persona", quale "essenziale forma di realizzazione della propria personalita'". Anche sul versante penale, "si e' ritenuta necessaria -sottolineano gli alti giudici- un'effettiva e realmente afflittiva tutela repressiva con riguardo al reato ingiuria". Inoltre, il diritto al proprio orientamento sessuale "cristallizzato nelle sue tre componenti della condotta, dell'inclinazione e della comunicazione", ossia il cosiddetto 'coming out' "e' oggetto di specifica e indiscussa tutela - si ricorda nella sentenza - da parte della stessa Corte europea dei diritti dell'uomo". Per la Cassazione, dunque, vi e' "assoluta certezza" nel caso in esame della "gravita' dell'offesa": "del tutto contraddittoria", secondo la Suprema Corte, e' la motivazione dei giudici di secondo grado in cui riconduce il fatto "alla sola conoscenza, e alla presunta quanto indimostrata discrezione, dei soggetti pubblici che, da prima all'ospedale militare, poi in seno alla commissione per la motorizzazione, si erano occupati del caso". Il verdetto reso noto oggi dalla Cassazione fara' si' che, su questo caso, la Corte d'appello di Palermo torni a pronunciarsi, fissando a favore del ragazzo un congruo risarcimento.





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