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'La Buona Politica' - Accordo Italia -Svizzera: fine del segreto bancario

Fine del segreto bancario. (foto com.) ndr.

di Cosimo Imbimbo 

BARI, 2 MAR. - Gli evasori fiscali italiani - con capitali in Svizzera non dichiarati al governo - avranno vita breve: il ministero dell'economia e delle finanze infatti - con il comunicato stampa n° 17 emesso il giorno 16 gennaio 2015 - ha informato che è stato raggiunto un accordo con la confederazione elvetica in merito allo scambio di dati finanziari riguardanti cittadini italiani che detengano capitali o altri tipi di beni in Svizzera. 

Questo accordo dovrebbe anche contribuire a facilitare l'adesione spontanea alla voluntary disclosure, riservata a coloro che - in possesso di capitali all'estero - non li avessero dichiarati al fisco italiano. Con la voluntary disclosure pertanto c'è la possibilità di sanare - sia fiscalmente che penalmente - le posizioni irregolari pagando sanzioni e imposte in misura ridotta.Un accordo che dimezza la prescrizione fiscale - da 10 anni (paese black-list) a cinque (paese limitatamente white) – favorisce chi rimpatria e, sotto certi aspetti, penalizza l’Italia che incasserebbe l’Irpef (il grosso della partita fiscale) solo a partire dall’annualità 2010. La legge sulla voluntary disclosure, votata definitivamente dal Senato giovedì scorso e in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ha un paragrafo che, pur nella sua genericità, nasce per agevolare specificamente il rientro dalla Svizzera (dove sta l’85% del "nero" in fuga dall’Italia). In Svizzera i depositi bancari godono di una fiscalità molto vantaggiosa e a chi deposita soldi in banca è garantito, dal 1934, il segreto bancario. Il segreto bancario è simile al segreto professionale a cui medici e avvocati sono tenuti nei confronti dei loro clienti, soltanto che vale per una banca nei confronti di chi deposita denaro nelle sue casse. Per questi motivi la Svizzera ha attirato negli anni miliardi di capitali da tutto il mondo ed diventata è la terza piazza finanziaria dopo Stati Uniti e Regno Unito. Secondo la gran parte delle stime circa il 90% di questi capitali sono arrivati in Svizzera illegalmente, cioè aggirando le leggi fiscali sulle esportazioni di capitali. 

In base allo schema già usato negli accordi con gli altri tre paesi, l'Italia otterrebbe innanzitutto il versamento di una aliquota una tantum per sanare le irregolarità pregresse, che sarebbe una percentuale dell'ammontare dei conti segreti di cittadini italiani in Svizzera. Poi ci sarebbe la parte di accordo relativa al futuro, in cui entrerà in vigore un sistema impositivo sui redditi prodotti da questi conti, prelevati dalle autorità elvetiche e girati all'Italia, in base a parametri di tassazione simili a quelli che gravano sui conti bancari in Italia. Gli italiani titolari di conti in Svizzera potranno scegliere se dichiarare le loro posizioni, regolarizzandole, oppure restare anonimi ma subire comunque le conseguenze dell'accordo. Oppure migrare verso nuoviparadisi. Sugli altri temi, regime fiscale dei frontalieri, Campione d'Italia e uscita di Berna dalla lista nera "c'è un accordo politico, la definizione di una road map, un percorso per il futuro dei negoziati". Un paragrafo molto chiaro: se lo stato «a regime fiscale privilegiato» entro due mesi dall’entrata in vigore della legge sulla voluntary disclosure «stipula» con Roma un accordo «che consenta un effettivo scambio di informazioni», le sanzioni da monitoraggio fiscale scendono al minimo, 3% sul capitale. 

Un po’ pomposamente alcuni organi di stampa hanno titolato che l’accordo fiscale tra i due paesi pone fine al segreto bancario elvetico che nell’immaginario collettivo sta alla Confederazione sullo stesso piano di Guglielmo Tell, la cioccolata e gli orologi. La realtà è un po’ diversa dal momento che Berna ha già aderito, nel novembre 2014, all’accordo multilaterale concernente lo scambio automatico di informazioni in ambito fiscale, secondo i parametri elaborati dall’OCSE (scambio che sarà operativo dal 2018). Inoltre per i residenti il segreto bancario continuerà ad essere vigente in Svizzera, anche se si stanno moltiplicando le iniziative tese a rimettere in discussione il principio anche a fini interni. In realtà Padoan e Widmer-Schlumpf firmano il Protocollo di modifica della Convenzione sulla doppia imposizione e una “roadmap” su tutto il resto. 

Questo significa che per tutte le materie cui abbiamo accennato, al netto della questione della doppia imposizione, sono stati concordati solo alcuni criteri e principi di massima. In concreto le delegazioni dei due paesi dovranno nei prossimi mesi negoziare ancora tutti i dettagli. In particolare sui frontalieri si vuole giungere all’intesa particolareggiata definitiva entro giugno.





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