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Ruvo di Puglia (Bat). Scoperto un laboratorio di calzature che utilizzava lavoratori “in nero”

Una pattuglia della Gdf. (foto) ndr.

di Redazione

RUVO DI PUGLIA (BT), 1 GIU. - Una giovane imprenditrice di Corato (BA) aveva allestito, in Ruvo di Puglia (BT), un avviato laboratorio, all’interno del quale venivano fabbricate parti in cuoio per calzature, abbattendo i costi di produzione con l’utilizzo di manodopera “in nero”. A scoprirlo sono stati i Finanzieri della Compagnia di Trani nell’ambito di una mirata attività di contrasto al fenomeno del “sommerso da lavoro”. In particolare, l’irruzione all’interno dell’opificio, costituito da un capannone ubicato nella zona artigianale di quel centro abitato, faceva rilevare la presenza di 14 lavoratori, di cui nr. 11 completamente “in nero” e nr. 3 “irregolarmente assunti”. In questo modo l’imprenditrice era in grado di praticare prezzi altamente concorrenziali a discapito dei dipendenti, privi di qualsivoglia tutela sia sotto l’aspetto contributivo che assistenziale, attuando, di fatto, una sleale concorrenza nei confronti degli operatori “sani” del settore delle calzature, che costituisce una fetta rilevante dell’economia di quella Provincia. Quella del “lavoro nero” continua ad essere una piaga di particolare attualità nonostante le pesanti sanzioni previste dalla normativa (basti pensare che l’imprenditrice coratina sarà destinataria di una pena pecuniaria pari a circa 60 mila euro). Proprio per questo il Comando Provinciale di Bari vi sta riservando particolare attenzione, prova nei sia che, nel solo anno in corso, sono stati individuati 329 lavoratori “in nero” e nr. 665 lavoratori “irregolari”, mentre sono stati nr. 103 i datori di lavori verbalizzati.





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