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Puglia. Agricoltura pugliese... Ci sarà futuro?

Agricoltura pugliese ... Ci sarà futuro? (foto web) ndr.

di LaMa

BARI, 14 SETT. - L'andamento dell'agricoltura e la qualità del cibo destano profonde preoccupazioni ed inquietudini, la mucca pazza, le afte epizootiche, le contraffazioni degli oli e dei vini suscitano apprensione sia nei consumatori che nei produttori. Preoccupazioni che riguardano la parte sana dei produttori, coloro che producono l’olio di oliva dalle olive ed il vino dall’uva, coloro che pagano operai e contributi, coloro che a volte sono anche disposti a rimetterci di tasca in nome di una millenaria tradizione. La Politica Agricola Comunitaria dopo anni di assistenzialismo attuato mediante i fondi strutturali (integrazioni) attualmente, è orientata -almeno nei riguardi dell’ Italia- a far si che sia il mercato a decidere la produzione agricola -il consumatore è libero di scegliere cosa come e a quali costi acquistare. La politica di tipo assistenzialistico non è stata diretta a migliorare l’immagine o la qualità del prodotto ma a sostenere la sopravvivenza degli agricoltori attraverso l’elargizione di elemosine, producendo così una deformazione dei prezzi di mercato. 
A questo punto mi chiedo, il consumatore conosce esattamente cosa compra? Come si fa a comprare un olio extravergine di oliva, imbottigliato ed etichettato a 3 Euro al litro? A quel prezzo non sono neanche coperte le spese di produzione, quindi è molto probabile che ci troviamo in presenza di oli nella migliore delle ipotesi non italiani, se non contraffatti. É possibile che il consumatore medio sia disposto a spendere più di 10 Euro per l’olio di sintesi da mettere nella sua macchina e beva oli di dubbia provenienza? Ritengo che ci sia scarsa informazione da parte degli organi governativi preposti, i consumatori spesso non sanno cosa comprano e sono condizionati unicamente dal prezzo. Non ci sogneremmo mai di paragonare una FIAT Punto ad una Ferrari, o un Rolex ad uno Swatch, anche se questi prodotti assolvono alla stessa funzione hanno caratteristiche costruttive completamente diverse pertanto prezzi diversi e, ovviamente, clienti diversi, siamo in presenza di prodotti non omogenei, dove non è possibile paragonare prezzi e prestazioni. Tale ”diversificazione” è presente solo marginalmente per i prodotti agroalimentari, che, seppur diversi tra loro per provenienza, qualità, sapore, caratteristiche organolettiche, vengono considerati dal libero mercato “omogenei”. 
Il nostro imprenditore agricolo non può combattere una guerra al ribasso, sia perché sarebbe una guerra persa (basti pensare che un lavorante africano ha un costo mensile pari a quello di due giornate di un lavorante italiano) e perché cancellerebbe definitivamente la nostra plurimillenaria cultura agricola. Se mi è concessa una similitudine con il tessile, stiamo assistendo al tracollo della produzione manifatturiera italiana a basso costo, a causa dell’arrivo dei capi di vestiario dai paesi dell’oriente, nel mentre, famosissime griffe italiane, aprono atelier a Tokio e Pechino. Quello che può sembrare un paradosso, è facilmente spiegabile dal fatto che i prodotti non sono omogenei, pertanto hanno diverso tipo di compratore e di mercato; non siamo in grado di abbattere ulteriormente i costi per i motivi sopra descritti, ma possiamo puntare sulla qualità. In altri termini il consumatore può e deve essere libero di scegliere se bere del vino o olio di provenienza cinese, ovviamente a basso costo, del DOC Castel del Monte o dell’olio di oliva coratina. 
Non è sufficiente parlare di vino o olio, in senso generico, ma diventa necessario parlare di qualità, di provenienza, di tradizione, in altri termini “griffare il prodotto” e rendere edotto il consumatore su ciò che acquista. Solo così il nostro agroalimentare, potrà imporsi al mercato come l’Armani nel tessile, anzi, con una prerogativa in più: il prodotto agroalimentare deve essere completamente, unicamente e sicuramente italiano. Ciò che più mi spaventa è che questo concetto non sia chiaro neanche ai vertici del settore. Di recente assistevo ad un’assemblea dove, importanti aziende di produzione vinicola, chiedevano l’intervento del governo per la costruzione di nuovi impianti di distillazione. Un modo per smaltire un ottimo prodotto vinicolo, pagando ai produttori il minimo per la sopravvivenza. A mio “debol parere” la produzione agricola non si sostiene con provvedimenti assistenzialistici e provvisori come l’apertura di distillerie o come il deposito del migliore olio del mondo presso l’ AIMA, ma con una politica agricola mirata ad aumentare la qualità del prodotto, a curarne l’immagine anche attraverso l’informazione al consumatore, ed ovviamente, potenziandone la commercializzazione. Una produzione agricola sostenibile deve tener conto soprattutto degli interessi e delle preoccupazioni dei consumatori, in particolare per quanto riguarda la qualità e la sicurezza dei prodotti agricoli e metodi di produzione tradizionali/biologici. 
Bisognerebbe tener conto della dimensione ambientale ossia innanzi tutto, istituire misure destinate ad aumentare la compatibilità ambientale della produzione agricola (ad esempio mediante investimenti riguardanti metodi di produzione ecocompatibili o la promozione dell'estensivizzazione). In secondo luogo, l'istituzione di misure che garantiscano il ruolo degli agricoltori nell'ambito della tutela dei paesaggi, della conservazione della biodiversità e della ricchezza dell'ambiente naturale. Tuttavia, realizzare la sostenibilità significa affrontare tre sfide:  una sfida economica (aumentare la redditività e la competitività del settore agricolo);  una sfida sociale (fornire alle zone rurali possibilità di sviluppo economico e di miglioramento delle condizioni di vita);  una sfida ecologica (promozione pratiche ambientali ecocompatibili e creazione di servizi per la conservazione degli habitat, della biodiversità e del paesaggio). Intanto per non morire, per far si che gli alberi di ulivo non diventino solo dei monumenti nelle ville del nord è importante attuare nell’immediato una politica che si ponga l’obiettivo primario di vincere tali sfide. 
Solo vincendo queste sfide potremo avere un'agricoltura sostenibile, che rimane il mezzo tramite con il quale, potremo garantire alle generazioni future, la fruibilità del patrimonio ambientale e delle nostre risorse naturali.



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