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Società. Andria, incontro su "Media e stereotipi di genere". Debbi: «Serve una rivoluzione culturale»

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ANDRIA, 27 OTT. - Stereotipi da combattere pensando ad una nuova cultura di genere nella quale non si abbiano dubbi su come denominare un'avvocata o una magistrata; una nuova cultura della quale devono esser consapevoli le donne e gli uomini in egual misura; una nuova cultura che parte dalla necessità di educare sin dalla tenera età. Si è parlato di informazione, di pubblicità, di media, di genere e, appunto, degli stereotipi in un incontro promosso dalla Consigliera di Parità della Provincia di Barletta - Andria - Trani, Stefania Campanile, dal titolo Media e stereotipi di genere.
Titolo esplicativo per un dibattito che ha coinvolto Pina Debbi, vicedirettrice del Tg di La7, e Giuseppe Inchingolo dell'agenzia Artsmedia, con la moderazione del direttore de La Gazzetta Meridionale Vittorio Massaro. «Questa serata è nata dall'intenzione di favorire un dibattito sul modo in cui i media si servono dello stereotipo di genere per indurre l'utente al consumo - ha detto Stefania Campanile - Questo nel campo della pubblicità. Ma ci rendiamo conto di come espressioni inappropriate vengano utilizzate anche dalla carta stampata nel momento in cui si parla di delitti contro le donne. Ed è evidente come si vadano a cristallizzare quelle differenze culturali che sono alla base dei rapporti sbilanciati tra uomini e donne».
Una serata particolarmente apprezzata dal pubblico presente nella sala conferenze della biblioteca "G. Ceci" di Andria, in cui Giuseppe Inchingolo ha saputo catalizzare i motivi di riflessione mostrando una carrellata di immagini relative a pubblicità, lessico e copertine di giornali di dubbio gusto che ha permesso di fotografare una situazione che è ancora lontana dall'esser raccontata nella normalità.
«Faccio un gioco: se io dico un governante si pensa ad una persona che gestisce i governi; se io dico una governante si pensa ad una cameriera. La risposta agli stereotipi è tutta qui». Ha iniziato così il suo intervento Pina Debbi. Che poi ha continuato: «Molto spesso, nel campo dell'informazione, siamo noi stessi a veicolare una serie di stereotipi che dovrebbero meritare più attenzione. Ho fatto l'esempio della governante, ma molto spesso capita anche a noi quando ci troviamo di fronte ad un linguaggio tipicamente al maschile, non riusciamo a declinarlo al femminile. Però è giusto cominciare a dire, a chiedersi come si debba dire, perché dobbiamo cominciare a cambiarle le parole, perché dobbiamo uscire da una serie di stereotipi che abbiamo interiorizzato da sempre e questo deve essere il compito dell'informazione».
Durante l'incontro non si è cercata una ricetta sicura su come migliorare questo approccio, ma da più parti, durante il dibattito, è emersa la necessità di cominciare a muovere i primi passi verso regole certe ed anche una formazione costante sin dalla tenera età: «Culturalmente per cambiare i termini io non ho ancora la ricetta - ha ribadito Pina Debbi - Per quel che mi riguarda ho la possibilità di sovraintendere ad una redazione e spesso faccio notare quello che posso ai miei colleghi. Io credo che andrebbero fatte campagne di sensibilizzazione anche nelle scuole, perché è importante che fin da bambini non sia interiorizzato lo stereotipo, perché lo stereotipo non è scritto nel dna, ma poco ci manca, ma dobbiamo essere convinti anche noi che questa è una necessità».
Diversi anche gli interventi istituzionali con in testa il sindaco di Andria, Nicola Giorgino, e la consigliera delegata alle Politiche sociali della Provincia di Barletta - Andria - Trani, Antonia Spina: «Educare e formare. Partire dai più piccoli per sperare in un futuro migliore - ha detto Spina - La disparità di trattamento tra uomo e donna nella pubblicità, in televisione e nelle istituzioni si combatte e si sconfigge solamente se si forma una coscienza alla ricchezza della diversità e se si formano gli individui al rispetto della persona. Per questo è necessario il coinvolgimento delle scuole. Gli argomenti di questo convegno andrebbero riportati, nelle forme e nei modi più opportuni, al centro della formazione, a partire dai più piccoli. Assistiamo, ormai quasi con indifferenza, agli abusi che da più parti si fa della figura e del corpo della donna. Sembriamo assuefatti alla sovraesposizione mediatica di corpi seminudi, atteggiamenti ammiccanti e pose volgari. Noi cittadini abbiamo il dovere di ribellarci e risvegliare le coscienze nostre e delle persone che ci sono vicine». (C. St.)







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