Spettacolo. “Abramo” inaugura al Kismet la Stagione dei neonati “Teatri di Bari”
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Una scena di "Abramo" |
di Maria Caravella
BARI, 2 NOV. – Nella Genesi, Dio ferma la mano patricida di Abramo impedendogli il sacrificio del suo unico figlio. Il filosofo Ermanno Bencivenga, nella sua tragedia in tre atti “Abramo” (regia di Teresa Ludovico), immagina invece il compimento dell’ insano gesto, conseguenza dell’ordine divino trasmesso da misteriosi viandanti. Questi, al loro ritorno a disgrazia consumata, esprimono ad Abramo il suo totale fallimento e mandano in frantumi il suo mondo e l’invalicabile muro che egli stesso aveva eretto a protezione della sua precaria esistenza. Ciò che gli era stato richiesto – gli spiegano i messaggeri – non era assecondare l’imposizione divina per costruirsi una fede che avesse i canoni del più insensato fondamentalismo, bensì di avere talmente tanta fede nella grandezza dell’amore di Dio da essere capace di rifiutare quelle parole: un Padre – è la morale – non può richiedere ai suoi figli di rinunciare alla propria dignità e al libero arbitrio.
Brillante interpretazione di Augusto Masiello, Teresa Ludovico, Christian Di Domenico, Michele Altamura, Gabriele Paolocá e Domenico Indiveri, la piéce ha aperto la Stagione di Prosa del Comune di Bari e del Teatro pubblico pugliese. Una “prima” nazionale che ha celebrato la fusione del teatro Kismet e del teatro Abeliano nei neonati “Teatri di Bari”.
Numerosi i richiami all’attualità, dati anche da Teresa Ludovico che ha lasciato trasparire diverse componenti dell’agire umano: dal contrasto tra le diverse generazioni a quello tra uomo e donna, padre e madre, alla rappresentazione della violenza sociale di un popolo, sino all’impeto estremista, che si adempie nei crimini perpetrati in nome di Dio e dimenticando la fede autentica.
In “Abramo” si esprime il conflitto fra due concezioni della fede, che volutamente resta irrisolto, perchè lo spettatore deve risolverlo per conto suo. Si tratta di un’analisi incompiuta fra voci contrastanti ed in questo caso il teatro s'impone come luogo deputato per inscenare un simile confronto.
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