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'La Buona Politica' - Don Milani: storia di un sacerdote sognatore

Don Lorenzo Milani. (foto com.) ndr.

di Cosimo Imbimbo 

BARI, 27 APR. -  Don Lorenzo Carlo Domenico Milani Comparetti (Firenze, 27 maggio 1923 –Firenze, 26 giugno 1967) è stato un presbitero, insegnante, scrittore ed educatoreitaliano.Figura controversa della Chiesa cattolica negli anni cinquanta e sessanta, discepolo di don Giulio Facibeni, viene ora considerato una figura di riferimento per il cattolicesimo socialmente attivo per il suo impegno civile nell'istruzione dei poveri, la sua difesa dell'obiezione di coscienza e per il valore pedagogico della sua esperienza di maestro.A quarant’anni dalla morte del priore di Barbiana la figura e l’eredità di Don Lorenzo Milani sono oggetto, ancora oggi di accese dispute. 

Nonostante le buone intenzioni, si rende conto fin da subito che essere prete in un paesino di montagna sperduto non è difficile ma semplicemente inutile. Inutile a meno che prima non si compiano dei passi. Era solito dire: “da bestie (culturalmente parlando ndr) a uomini, da uomini a santi”. Per don Milani senza il possesso della lingua non c’è riscatto possibile e senza riscatto sociale non c’è vita cristiana. “La povertà dei poveri non si misura a pane, a casa, a caldo, ma sul grado di cultura e sulla funzione sociale” Uomo di elevato spessore comunicativo significativi furono anche i tentativi di dialogo con pensatori marxisti, promossi da Mario Gozzini e Giampaolo Meucci e le idee sui modelli culturali cristiani e le nazioni gravitanti nell’orbita del cristianesimo dibattute sul periodico «L’Ultima» di Adolfo Oxilia. In tale quadro di riferimento, un posto certamente non marginale occupano anche Mario Luzi, con la sua sensibilità poetica cristiana e la meditazione sul significato del dolore e quindi sulla figura di Cristo e del Dio che si è fatto uomo e da uomo soffre e muore, e l’architetto Giovanni Michelucci con la sua concezione di Chiesa pellegrina, di palese ispirazione paleocristiana, chiaramente espressa nell’‘edificio-tenda’ di San Giovanni Battista all’Autostrada; quel Michelucci, sia detto per inciso, cui don Milani aveva chiesto di prefare Lettera a una professoressa, cosa poi non andata in porto. Questo è il contesto ecclesiastico e culturale del cattolicesimo fiorentino in cui si inseriscono il pensiero e l’opera di don Milani. 

Occorre precisare però che don Milani non è un prodotto di questo ambiente, viene da fuori, lo attraversa nei quattro anni di seminario, e poi sostanzialmente ne ritorna fuori. Soprattutto dopo l’esperienza di San Donato a Calenzano, la sua ‘diocesi’ ed il suo mondo sono Barbiana e i ragazzi di Barbiana e tutto ciò che di non trascendente è esterno ad essi conta solo in funzione di essi. L’esperienza educativa della scuola, nell’ottica barbianese, è in funzione del cambiamento della realtà ; in quanto tende ad emancipare il povero rendendolo indipendente nel giudizio e capace di esprimersi ; in altre parole trasformandolo da suddito a sovrano. Un termine quest’ultimo usato appositamente per sottolineare la capacità del cittadino di esercitare a pieno i propri diritti e che perciò si ricollega al concetto di sovranità popolare che, a partire dagli illuministi e da Rousseau in particolare, rappresenta il principio giuridico sul quale si basa la letteratura costituzionale moderna, compresa la Costituzione della Repubblicana Italiana. Interessante risulta anche l’individuazione delle matrici culturali sul tema della pace, che tanta parte ha nel pensiero e nell’opera dell’ultimo segmento di vita di don Milani, dissentendo spesso e proponendo come linea pedagogica la valorizzazione di un costruttivo rifiuto, allontanandosi da uno sterile disfattismo e insensato uso al disimpegno del prossimo. Il suo carattere scontroso, i rigidi schemi ideologici del tempo, la sua voce libera e la difesa degli ultimi, garantirono a don Milani un posto fisso nell’occhio del ciclone. 

Una delle accuse più pesanti era mossa proprio dalla Chiesa, la stessa Chiesa di cui don Milani si sentiva figlio. Veniva accusato di avere simpatie comuniste e ancora oggi una sinistra ridicola continua a reclamare la paternità del sacerdote. Niente di più falso. Era molto più profondo il pensiero del priore di Barbiana. Il pensiero e la prassi educativa di don Lorenzo, infatti, non possono essere ridotti alla sola pars destruens, alla categoria della pura e semplice contestazione. V’è nel pensiero del priore di Barbiana una pars construens che può essere desunta da una lettura comparata dei suoi scritti più famosi: Lettera a una professoressa e l’Obbedienza non è più una virtù, con la sua opera prima Esperienze pastorali, la sola che può fornirci le coordinate umane, culturali, ma soprattutto religiose, senza le quali ogni pretesa di comprendere il Milani prete-maestro risulterebbe del tutto fuorviante. 

La stessa collocazione del pensiero pedagogico milaniano nella storia della pedagogia andrebbe rivista.





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