'La Buona Politica' - Ecomafia, se la conosci la eviti
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Ecomafia, se la conosci la eviti. (foto com.) ndr. |
di Cosimo Imbimbo
BARI, 11 APR. - Legambiente ha presentato l’ultimo rapporto sui reati ambientali perpetrati da organizzazioni mafiose nel nostro Paese. La "civilissim"ìEmilia emerge come una delle regioni preferite dai clan della ‘ndrangheta .Nel corso del 2013 la regione ha registrato 837 infrazioni accertate, 1.219 denunce e 237 sequestri. Insieme ad altre regioni del Nord Italia, anche l’Emilia-Romagna si conferma quindi come uno dei “palcoscenici” prediletti dalla ‘ndrangheta e dei suoi alleati, come ha rilevato dalla Dna nella sua Relazione annuale, quando rileva che la regione è al secondo posto in Italia per numero di “segnalazioni di matrice ‘ndranghetista”, ben 50, tallonando da vicino la capofila Lombardia che registra 55 segnalazioni.
Pare che il fenomeno "Ecomafia" non conosca parametri geografici pregiudiziali. Venendo ai fatti di casa nostra la Puglia 3/a regione in Italia per illegalità ambientali, con 2.931 infrazioni accertate nel 2013, 2.579 persone denunciate, 28 arresti e 1.028 sequestri.Le province di Bari e Foggia sono al 5/o 6/o posto nella classifica provinciale. Emerge dal rapporto 'Ecomafia 2014', presentato dal presidente di Legambiente Puglia, Tarantini, che si concentra su ciclo illegale rifiuti, traffico e smaltimento illecito, abusivismo edilizio, energie rinnovabili, racket animali e archeomafia. Gli illeciti maggiormente perpetrati e, purtroppo, particolarmente lesivi per gli equilibri ecologici sono il traffico e lo smaltimento illegale dei rifiuti, l'abusivismo edilizio e gli incendi boschivi dolosi. Una discarica regolarmente gestita è soggetta a precisi vincoli di destinazione e deve essere tenuta sotto controllo dal punto di vista dell' impatto ambientale per almeno 30 anni dal termine del suo utilizzo. Per questo vengono impiegati strati di argilla, sabbia e terra per isolare i vari livelli di rifiuti creati, al fine di limitare od impedire del tutto infiltrazioni di sostanze pericolose nel terreno ed emissioni nell'aria dei gas derivanti dalla degradazione. I rischi connessi a questo genere di attività illegali riguardano, innanzi tutto, i danni alla salute degli operai impiegati nella movimentazione, di quelli che si occuperanno del riciclo, recupero o smaltimento finale e, in merito al trasporto di rifiuti tossici e pericolosi, l' inquinamento ambientale delle aree di transito e di destinazione. Dietro gli ingenti guadagni derivanti da tali azioni criminose, inoltre, si nasconde anche lo "sfruttamento" dei paesi cui si convogliano illegalmente i rifiuti; paesi che non sono dotati delle tecnologie, degli impianti e delle risorse adeguate a garantire un corretto smaltimento o un riciclo in sicurezza.
I traffici internazionali di rifiuti provenienti dagli stati europei e che partono o transitano dall'Italia hanno, soprattutto, come destinazione Stati quali Nigeria, Mozambico, Somalia, Senegal, Tunisia, Pakistan e Cina. Si approfitta, quindi, della debolezza economica di territori ancora in via di sviluppo a discapito della salvaguardia ambientale e sanitaria degli stessi. Tutto ciò implica, inoltre, un forte disincentivo alla riduzione della produzione: più rifiuti ci sono in circolazione e maggiori saranno le difficoltà connesse allo smaltimento, più spazio si crea per le operazioni illecite e maggiori saranno gli introiti ottenuti dall'EcoMafia. Le organizzazioni criminali, in pratica, sfruttano il potere ed il controllo sul territorio per imporre un uso indiscriminato delle discariche legalmente presenti ma con precisi vincoli sulle tipologie dei materiali da raccogliere o per trasformare delle cave per le attività estrattive in enormi discariche abusive. Il ruolo giocato dalle mafie "tradizionali", quindi, è generalmente molto importante nelle attività ecomafiose, ma spesso sono imprese private, amministratori locali e organi di controllo corrotti a costituire reti che compiono reati ambientali. La torta complessiva, d’altronde, val bene le sostanziose mazzette che distribuiscono: 15 miliardi di euro, in lieve flessione rispetto ai 16,7 dell’anno precedente a causa dei tagli alla spesa pubblica.
I quali, a cascata, hanno evidentemente prodotto minori occasioni di guadagno per le cosche nelle situazioni in qualche modo collegate agli appalti pubblici. Le mafie non sono gli unici attori dell’aggressione all’ambiente, ci sono le attività ecocriminali, che da anni denunciamo, che tramite corruzione e colletti bianchi danneggiano l’ambiente e inquinano tessuto legale dell’economia. “Continua ad essere la buona politica – scrive Legambiente – il miglior antitodo alle ecomafie, con una applicazione della legge seria, un controllo constante e un ruolo attivo dei cittadini che partecipino alla vita pubblica, anche sotto il versante preventivo”. Legambiente ribadisce le sue proposte, dunque, alla politica: l’introduzione nel codice penale dei reati contro l’ambiente, la bonifica dei territori inquinati, e nelle terra dei fuochi ma anche massimo rigore in questi appalti, inasprimento pene per l’abusivismo edilizio e approvazione della legge Relacci sulle demolizioni, ruolo più incisivo a livello internazionale, rafforzare utilizzo delle indagini di intercettazione telefoniche e ambientali per questi reati. “Non c’è più tempo” – chiosa la Muroni – passando la parola al procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti. La giusta definizione oggi per chi commette questi reati è “ecocriminali”, c’è una grossa evasione, pesa il riciclaggio del denaro, ci sono numerosi reati collegati a questo business.
“La vera forza delle mafie – continua Roberti – sta fuori dalle mafie, in quell’area grigia dell’imprenditoria, anche nei grandi appalti”. Il testo già approvato alla Camera sul quale sono stato già sentito otto mesi fa alla Camera è andato incontro a tempi lunghi ma non dobbiamo concedere tempi. Più importante dell’inasprimento delle pene – sottolinea Roberti – è la certezza della pena, che ad oggi manca”. Sull’Ue Roberti ricorda il peso della corruzione sul mercato internazionale affermando “colpire questo reato è fondamentale, così come sono fondamentali i controlli, i traffici di rifiuti sono sempre più trasnazionali, serve più collaborazione a livello europeo”. “Serve approvare il testo uscito dalla Camera, afferma l’attuale ministro della Giustizia, Andrea Orlando. In seguito, dovrebbe rivedere la parte penale ma adesso questo risultato va portato a casa”. “Introdurre reato di autoriciclaggio e ripristinare il falso in bilancio – conclude – costruire un processo che funzioni. In Ue, invece, in materia di illegalità ambientale durante il semestre europeo proveremo a ragionare su una procura europea”. “Illegalità diffusa – dichiara il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti – che va a sommarsi agli interessi criminali e mafiosi che soffocano l’economia dell’ambiente. Non è più solo un problema culturale ma anche economico”. Sulla Terra dei fuochi, il ministro sottolinea “è un problema nazionale, tutto il Paese ha contribuito allo stupro di quelle terre” e al Parlamento – dice – ”fate presto, abbiamo bisogno di quella norma sui reati ambientali”. Un plauso al lavoro arriva dalla presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, che chiede “intervento più deciso e più forte da parte della politica su corruzione e reati ambientali e auspica la ricostituzione della commissione rifiuti, sebbene servirebbe una maggiore collaborazione con la commissione antimafia”.
Un impegno “caldendarizzato” anche dalla presidente della Commissione giustizia in Parlamento, Donatella Ferranti e da Ermete Relacci. Un appello rilanciato con forza dal direttore di Libera, Enrico Fontana, che chiede un intervento urgente e diretto nell’approvazione del testo con i giusti interventi che permettano di rendere efficace il contrasto all’illegalità ambientale”. Dalla Campania, Michele Buonomo, apre una finestra sulla situazione della “Terra dei fuochi”, in particolare sul coinvolgimento della società civile nei processi in atto in questi mesi, dopo il decreto voluto da Orlando. “Speriamo esca dalle sabbie mobili – commenta il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza - e che venga istituita. Piccoli importanti risultati, il ruolo è quello di mobilitare le persone, di organizzare le forze per chiedere di fare e di procedere contro ecomafie, corruzione e illegalità , perchè questo tema deve diventare un tema sociale, un tema di tutti”.
Pare che il fenomeno "Ecomafia" non conosca parametri geografici pregiudiziali. Venendo ai fatti di casa nostra la Puglia 3/a regione in Italia per illegalità ambientali, con 2.931 infrazioni accertate nel 2013, 2.579 persone denunciate, 28 arresti e 1.028 sequestri.Le province di Bari e Foggia sono al 5/o 6/o posto nella classifica provinciale. Emerge dal rapporto 'Ecomafia 2014', presentato dal presidente di Legambiente Puglia, Tarantini, che si concentra su ciclo illegale rifiuti, traffico e smaltimento illecito, abusivismo edilizio, energie rinnovabili, racket animali e archeomafia. Gli illeciti maggiormente perpetrati e, purtroppo, particolarmente lesivi per gli equilibri ecologici sono il traffico e lo smaltimento illegale dei rifiuti, l'abusivismo edilizio e gli incendi boschivi dolosi. Una discarica regolarmente gestita è soggetta a precisi vincoli di destinazione e deve essere tenuta sotto controllo dal punto di vista dell' impatto ambientale per almeno 30 anni dal termine del suo utilizzo. Per questo vengono impiegati strati di argilla, sabbia e terra per isolare i vari livelli di rifiuti creati, al fine di limitare od impedire del tutto infiltrazioni di sostanze pericolose nel terreno ed emissioni nell'aria dei gas derivanti dalla degradazione. I rischi connessi a questo genere di attività illegali riguardano, innanzi tutto, i danni alla salute degli operai impiegati nella movimentazione, di quelli che si occuperanno del riciclo, recupero o smaltimento finale e, in merito al trasporto di rifiuti tossici e pericolosi, l' inquinamento ambientale delle aree di transito e di destinazione. Dietro gli ingenti guadagni derivanti da tali azioni criminose, inoltre, si nasconde anche lo "sfruttamento" dei paesi cui si convogliano illegalmente i rifiuti; paesi che non sono dotati delle tecnologie, degli impianti e delle risorse adeguate a garantire un corretto smaltimento o un riciclo in sicurezza.
I traffici internazionali di rifiuti provenienti dagli stati europei e che partono o transitano dall'Italia hanno, soprattutto, come destinazione Stati quali Nigeria, Mozambico, Somalia, Senegal, Tunisia, Pakistan e Cina. Si approfitta, quindi, della debolezza economica di territori ancora in via di sviluppo a discapito della salvaguardia ambientale e sanitaria degli stessi. Tutto ciò implica, inoltre, un forte disincentivo alla riduzione della produzione: più rifiuti ci sono in circolazione e maggiori saranno le difficoltà connesse allo smaltimento, più spazio si crea per le operazioni illecite e maggiori saranno gli introiti ottenuti dall'EcoMafia. Le organizzazioni criminali, in pratica, sfruttano il potere ed il controllo sul territorio per imporre un uso indiscriminato delle discariche legalmente presenti ma con precisi vincoli sulle tipologie dei materiali da raccogliere o per trasformare delle cave per le attività estrattive in enormi discariche abusive. Il ruolo giocato dalle mafie "tradizionali", quindi, è generalmente molto importante nelle attività ecomafiose, ma spesso sono imprese private, amministratori locali e organi di controllo corrotti a costituire reti che compiono reati ambientali. La torta complessiva, d’altronde, val bene le sostanziose mazzette che distribuiscono: 15 miliardi di euro, in lieve flessione rispetto ai 16,7 dell’anno precedente a causa dei tagli alla spesa pubblica.
I quali, a cascata, hanno evidentemente prodotto minori occasioni di guadagno per le cosche nelle situazioni in qualche modo collegate agli appalti pubblici. Le mafie non sono gli unici attori dell’aggressione all’ambiente, ci sono le attività ecocriminali, che da anni denunciamo, che tramite corruzione e colletti bianchi danneggiano l’ambiente e inquinano tessuto legale dell’economia. “Continua ad essere la buona politica – scrive Legambiente – il miglior antitodo alle ecomafie, con una applicazione della legge seria, un controllo constante e un ruolo attivo dei cittadini che partecipino alla vita pubblica, anche sotto il versante preventivo”. Legambiente ribadisce le sue proposte, dunque, alla politica: l’introduzione nel codice penale dei reati contro l’ambiente, la bonifica dei territori inquinati, e nelle terra dei fuochi ma anche massimo rigore in questi appalti, inasprimento pene per l’abusivismo edilizio e approvazione della legge Relacci sulle demolizioni, ruolo più incisivo a livello internazionale, rafforzare utilizzo delle indagini di intercettazione telefoniche e ambientali per questi reati. “Non c’è più tempo” – chiosa la Muroni – passando la parola al procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti. La giusta definizione oggi per chi commette questi reati è “ecocriminali”, c’è una grossa evasione, pesa il riciclaggio del denaro, ci sono numerosi reati collegati a questo business.
“La vera forza delle mafie – continua Roberti – sta fuori dalle mafie, in quell’area grigia dell’imprenditoria, anche nei grandi appalti”. Il testo già approvato alla Camera sul quale sono stato già sentito otto mesi fa alla Camera è andato incontro a tempi lunghi ma non dobbiamo concedere tempi. Più importante dell’inasprimento delle pene – sottolinea Roberti – è la certezza della pena, che ad oggi manca”. Sull’Ue Roberti ricorda il peso della corruzione sul mercato internazionale affermando “colpire questo reato è fondamentale, così come sono fondamentali i controlli, i traffici di rifiuti sono sempre più trasnazionali, serve più collaborazione a livello europeo”. “Serve approvare il testo uscito dalla Camera, afferma l’attuale ministro della Giustizia, Andrea Orlando. In seguito, dovrebbe rivedere la parte penale ma adesso questo risultato va portato a casa”. “Introdurre reato di autoriciclaggio e ripristinare il falso in bilancio – conclude – costruire un processo che funzioni. In Ue, invece, in materia di illegalità ambientale durante il semestre europeo proveremo a ragionare su una procura europea”. “Illegalità diffusa – dichiara il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti – che va a sommarsi agli interessi criminali e mafiosi che soffocano l’economia dell’ambiente. Non è più solo un problema culturale ma anche economico”. Sulla Terra dei fuochi, il ministro sottolinea “è un problema nazionale, tutto il Paese ha contribuito allo stupro di quelle terre” e al Parlamento – dice – ”fate presto, abbiamo bisogno di quella norma sui reati ambientali”. Un plauso al lavoro arriva dalla presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, che chiede “intervento più deciso e più forte da parte della politica su corruzione e reati ambientali e auspica la ricostituzione della commissione rifiuti, sebbene servirebbe una maggiore collaborazione con la commissione antimafia”.
Un impegno “caldendarizzato” anche dalla presidente della Commissione giustizia in Parlamento, Donatella Ferranti e da Ermete Relacci. Un appello rilanciato con forza dal direttore di Libera, Enrico Fontana, che chiede un intervento urgente e diretto nell’approvazione del testo con i giusti interventi che permettano di rendere efficace il contrasto all’illegalità ambientale”. Dalla Campania, Michele Buonomo, apre una finestra sulla situazione della “Terra dei fuochi”, in particolare sul coinvolgimento della società civile nei processi in atto in questi mesi, dopo il decreto voluto da Orlando. “Speriamo esca dalle sabbie mobili – commenta il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza - e che venga istituita. Piccoli importanti risultati, il ruolo è quello di mobilitare le persone, di organizzare le forze per chiedere di fare e di procedere contro ecomafie, corruzione e illegalità , perchè questo tema deve diventare un tema sociale, un tema di tutti”.
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