Capurso (Ba). Scoperta una piantagione di papaveri da oppio “Papaver Somniferum”
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La piantagione sequestrata. (foto Gdf) ndr. |
di Redazione
CAPURSO (BA), 13 MAG. (C. St.) - Oltre 1.300 piante di papavero da oppio, dell’altezza media di 1,5 metri e sulle quali fiorivano oltre 5.000 capsule, sono state sequestrate dai Finanzieri del Gruppo Bari.
Le capsule, piene di sostanze oppiacee dalle quali è possibile produrre pericolosi prodotti narcotici come morfina ed eroina, sono state individuate in due terreni ricadenti nei Comuni di Bari e Capurso (BA), in prossimità di pubbliche strade.
La piantagione clandestina è stata scoperta nell’ambito di un'operazione di controllo del territorio lungo le principali arterie di collegamento: i finanzieri sono stati insospettiti dall'altezza delle piante, dalle dimensioni delle capsule e dal vivace colore della fioritura, dal violaceo al lilla intenso.
Sono state avviate indagini, tuttora in corso, al fine di identificare a chi fosse destinata l’ingente produzione.
Inoltre, le piante estirpate sottoposte ad esami speditivi di laboratorio, hanno confermato i sospetti: le capsule contenevano morfina e tebaina, sostanze oppiacee.
Da esse si sarebbero ricavate oltre 1.200 dosi di sostanza stupefacente tipo oppiaceo.
Al termine delle attività è stata depositata alla Procura della Repubblica di Bari una denuncia per “produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope”, in violazione dell'articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti.
BARLETTA (BT): LE FIAMME GIALLE SCOPRONO UN ESERCIZIO COMMERCIALE CHE USAVA UN DOPPIO REGISTRATORE DI CASSA PER EVADERE IL FISCO
Nel corso dei controlli sulla regolare emissione di scontrini e ricevute fiscali, i Finanzieri di Barletta hanno effettuato una ispezione nei confronti di un esercizio commerciale del centro cittadino che utilizzava due registratori di cassa, uno dei quali, però, emetteva scontrini ma privi del previsto simbolo MF.
Il piccolo ma efficace stratagemma permetteva all’evasore di utilizzare un registratore di cassa “completamente non fiscalizzato”, evitando, così, di contabilizzare buona parte degli incassi giornalieri ottenuti.
Per questo, ne è scaturita una verifica fiscale che ha permesso di quantificare in oltre 220 mila euro i ricavi non dichiarati, con Iva evasa pari a circa 22 mila euro.
Al titolare dell’attività, destinatario dell’avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, non è rimasto altro da fare che pagare, complessivamente, 156 mila euro tra imposte evase e sanzioni, così, aderendo alle contestazioni elevate.
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