Festival. L’opera buffa paisielliana apre la 42^ edizione del festival della Valle d’Itria
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Una immagine dello spettacolo. (foto D. L.) ndr. |
di Daniele Lo Cascio
MARTINA FRANCA (TA), 15 LUG. - Si è aperta con La grotta di Trofonio di Giovanni Paisiello la 42^ edizione del Festival della Valle d’Itria. Il Presidente Franco Punzi prima dell’esecuzione ha chiesto agli spettatori un minuto di silenzio in memoria delle vittime del disastro ferroviario. Paisiello nacque per la precisione a Roccaforzata (Ta) il 9 maggio 1740 e dopo tre giorni venne battezzato nella Cattedrale di San Cataldo a Taranto. A ventitré anni si diplomò al Conservatorio Sant’Onofrio di Napoli per poi mettere subito in risalto la sua propensione all’opera buffa per la quale risultò essere il principale rivale di Niccolò Piccinni. La Grotta di Trofonio fu rappresentata con grande successo per la prima volta nel 1785 presso il Teatro dei Fiorentini a Napoli a questa seguirono altre rappresentazioni oltre che in Italia anche a Vienna, Versailles e Parigi. L’opera che fu scritta in un mese vede al centro della trama la grotta di Trofonio, un antro magico molto in voga nell’antica Grecia dove si entrava per interrogare il filosofo-mago. Naturalmente quale opera buffa segue in tutta la sua trama la logica del gioco: ne sono protagoniste due giovani sorelle che assistono alla metamorfosi caratteriale dei loro giovani promessi sposi all’entrar nella grotta, successivamente anche loro subiranno lo stesso sortilegio fino a che lo stesso Trofonio rimetterà le cose al posto giusto in modo da permettere la celebrazione dei due matrimoni. Musicalmente ai recitativi si contrappongono bei pezzi d’assieme e concertati di grande effetto, il tutto mescolato in buona misura da lingua napoletana come era prassi dell’epoca. A tal proposito ben calzante è risultata la parte di Don Gasperone su Domenico Colaianni evidentemente a suo agio nella parte del mercante napoletano. Efficace la regia di Alfonso Antoniozzi che ha saputo far scorrere i ritmi serrati della commedia napoletana evidenziando il contrasto tra il disordine barocco e l’ideale classico perduto, a tal proposito le scene di Dario Gessati consistevano in tre grossi volumi aperti, espressione massima di cultura, i costumi di Luca Falaschi oltre a quelli tipici del teatro napoletano riprendevano anche i temi dell’estetica classica. Seconda e ultima rappresentazione il 31 luglio.
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