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Aldo Moro e mio papà

A. Moro e N. Damiani (foto web) ndr.
Lo statista e il sindaco di Bari, Nicola Damiani, amici per la pelle

di Leo Damiani

BARI, 9 MAG. - 1938.Prossimi all'estate suona un citofono di un portone di via Nicolai a Bari. "Buonasera signora sono Aldo Moro, c'è Nicola?".Questo è l'incipit di un'amicizia cordiale tra Nicola Damiani giovane studente di Medicina e l'assistente volontario a Giurisprudenza Aldo Moro allora presidente della FUCI (universitari cattolici) che cercava mio padre. In realtà le due facoltà erano entrambe nell'Ateneo e mio padre abitava di fronte ad esso. Moro stava organizzando un periodo di vacanze a mare con i fucini e serviva un bagnino. La fama di grande nuotatore precedeva mio padre e immediatamente scattò la scintilla di grande simpatia che sfociò in breve tempo in quella di un'amicizia profonda. Tra riflessioni, meditazioni e approfondimenti sulla fede incarnata nell'impegno, Moro , raccontava papà, era bravissimo nel gioco del ping pong. Insomma giorni dove le ore passavano liete. Poi la guerra e le riunioni in via Nicolai con Moro ed altri, lettura dell'Osservatore Romano e don Michele Schiralli che stimolava la discussione. 

Poi le riunioni si spostarono nel retrobottega della farmacia Loiacono perché l'OVRA li aveva segnalati. Finisce la guerra e inizia il fattivo impegno politico con la creazione della Democrazia Cristiana, il pericolo comunista che incombe, comizi, articoli e creazioni di giornali ed Aldo primo degli eletti per la Costituente.1962 congresso di Napoli ed apertura ai socialisti: nasce il primo governo di centro -sinistra e vedo per la prima volta in tv Moro che esce dopo il giuramento dal Quirinale. Conosco per la prima volta la faccia di questo amico sempre citato,seppur un bimbo di sei anni curioso. La mia memoria va quind ad un pomeriggio degli anni 70: sembra fatta ! Moro sarà il nuovo presidente della Repubblica. Mio padre su di giri lo chiama: Aldo mi dovrai invitare alla pineta di S.Rossore perché voglio venire a caccia. Moro getta l'acqua sul fuoco ed ha ragione: quel giorno viene eletto Leone. 1974 sto a scuola, al Di Cagno Abbrescia. Trambusto di macchine, vocii insistenti e di lì a poco in classe si presenta il Rettore, mio padre e Moro allora presidente del Consiglio. 

Emozione, qualche lacrima e Moro in carne ed ossa. Mi avvicino a papà e Moro mi accarezza ed ha per me espressioni simpatiche che ahimè non ricordo. Moro in quella scuola ha insegnato per un po' e si vede che con i giovani ci sa fare. 16 marzo 1978 , frequento il secondo anno di medicina e sto entrando da mio padre nel Di Venere per studiare nella sua stanza e trovare un prozio morente. Sono le 9,00: alla radio danno le notizie drammatiche del rapimento di Moro e la morte dei componenti della scorta. Sono scosso, raggiungo mio padre in aula mentre sta facendo lezione alle future infermiere professionali, gli comunico la notizia, è sconvolto, parla alle ragazze ed interrompe la lezione invitandole a pregare. Passano i 55 giorni e lui ed i suoi amici agiscono con discrezione per aprire la trattativa. Il 9 maggio sto a tavola, Vespa annuncia il ritrovamento del corpo e papà lo apprende quando alle 15,30 torna dal lavoro. Non mangia, non parla, attonito segue il telegiornale e trattiene le lacrime. 

Si arrabbia con me , non mi ricordo per quale motivo ed io esco di casa. L'atmosfera è pesante. Gli amici di Moro di Bitonto lo chiamano per ricordarlo in un'orazione e il suo discorso mai dimenticato fa epoca tra i suoi amici di sempre collocati nella corrente di Dossetti e La Pira. 2003: mia figlia frequenta la terza media in una scuola a Santo Spirito intitolata Moro. Chiedo a mio padre di portare in classe Nora Moro che il 9 maggio di ogni anno viene a Bari invitata dagli amici baresi per pregare e riflettere. Sono 25 anni esatti dalla sua morte: dinnanzi a trecento persone ripete che ha perdonato Faranda e Moretti e che i mandanti sono ben altri! Racconta un episodio mai reso noto: è l'8 maggio. Come ogni sera lei e i figli riuniti in casa attendono notizie. Squilla il telefono: dall'altro capo del filo c'è il sottosegretario agli Interni. "Signora, sappiamo dov'è il Presidente. Stanotte provvederemo a liberarlo." Lei descrive quella notte come la più lunga, ansia a mille, ma le ore passano e si arriva alle 7. Nora Moro chiama lei questa volta: " allora...?" il sottosegretario:" abbiamo deciso di soprassedere perché troppo pericoloso per l'incolumità del Presidente". 

Quel giorno non c'è nessun giornalista presente per raccogliere questa rivelazione e metterla in prima pagina. Molti anni dopo qualcuno aprirà degli squarci sul mistero sulla morte di un innocente. Qualche anno dopo papà mi racconta di aver incontrato il giorno prima del rapimento in aeroporto e avevano parlato del superamento dei partiti e la necessità di riunire le forze migliori del Paese , animare il movimentismo per prevenire la crisi del potere che loro avevano prevista e che avrà il suo culmine nel 1992. Uomini che studiavano e anticipavano le soluzioni. La libertà, l'anelito dell'uomo era il loro credo alla luce di una fede incarnata sulle orme di Maritain e Montini. Certo è il ricordo lacunoso di un figlio ma è una piccola testimonianza perché l'insegnamento di uomini buoni e non solo non vada perduto !



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