«Il sociale non è un costo, ma un investimento», Pippo Cavaliere sul convegno antimafia di Cafiero de Raho e don Ciotti
FOGGIA, 04 OTT. (Com. St.) - nota stampa di Pippo Cavaliere, membro del Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura, ex Consigliere comunale di Foggia e già Fondazione Antiusura Buon Samaritano.
«È stato per me motivo di grande
arricchimento partecipare al convegno che ha visto come relatori, fra
gli altri, il Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho e
una figura simbolo della lotta ai poteri criminali come don Luigi
Ciotti. Un appuntamento che ha rafforzato in me un’antica convinzione:
senza una profondissima attenzione al sociale, la mafia non potrà mai
essere battuta. Un Paese che non riflette abbastanza sulle
diseguaglianze e sulle divisioni economiche, territoriali e
generazionali che lo attraversano è un Paese che rinuncia a prosciugare
l’acqua torbida in cui sguazza la cultura mafiosa, che rinuncia a
eradicare la subcultura di sopraffazione e di indifferenza morale di cui
si alimentano i clan e le cosche.
La recente terribile vicenda
dell’esaltazione di un giovane presunto mafioso morto suicida in carcere
deve farci riflettere sulla capacità delle organizzazioni criminali di
suscitare e promuovere un’appartenenza che non è fatta solo della
convenienza economica, e non è ottenuta solo con la minaccia e
l’intimidazione. È una presenza che si insinua nell’assenza o nella
presenza precaria della società legale, che a essa si contrappone quasi
con fierezza. L’antistato lancia il suo guanto di sfida, basato sulla
falsa promessa di tutelare i deboli, di fornire uno scudo e una
protezione a chi lo Stato ha dimenticato.
È un caso che la presenza
delle mafie e la loro aggressività sociale sia più forte e robusta in
coincidenza delle più forti criticità in termini di povertà educativa e
dispersione scolastica, nelle quali l’Italia vanta un tristissimo
primato fra i Paesi Ocse? Io non lo credo, e non lo crede nemmeno
Cafiero de Raho, da un osservatorio ben più ampio e qualificato del mio.
Non possiamo limitarci alle deplorazioni, agli esorcismi, alle
invettive: dobbiamo sapere che tutte le volte che lo Stato e la società
legale si voltano dall’altra parte, tutte le volte che non c’è ascolto
del bisogno, qualcun altro risponderà. È così nel drammatico fenomeno
dell’usura, che colpisce famiglie e operatori economici in vario modo
espulsi dal sistema creditizio, è così per la “protezione” offerta dal
racket, e così per tutti quei cittadini che si sentono ai margini, non
ammessi, radiati.
Non è casuale che anche a Foggia, come attesta la
relazione prefettizia, siano state le politiche sociali il bersaglio e
il grimaldello utilizzati dai clan per consolidare ed estendere il
proprio potere. Perché il potere di chi può garantire un alloggio
popolare, un sussidio, un posto di lavoro, può essere utilizzato per
lucrare profitti immediati (e spesso lo è) ma anche per costruire
un’influenza duratura, tale da incidere in misura durevole nei processi
sociali, politici, elettorali.
Se questo fronte è strategico,
dobbiamo convenire, con don Ciotti, che le risorse per la socialità, per
l’integrazione, per l’inclusione non vanno considerate un costo, ma un
investimento, una voce di spesa che produrrà ritorni di medio periodo
copiosi. Ogni taglio ad essa, salvo il legittimo e sacrosanto dibattito
sulle modalità che le diano la maggiore efficacia, va considerato un
prestito senza scadenza fatto alla mafia. Un attento e intelligente
presidio della spesa sociale, anche nella nostra città, è la principale
priorità cui deve rispondere lo Stato con tutte le sue articolazioni e
soprattutto con l'indispensabile concorso partecipe della cittadinanza
attiva, del mondo delle imprese e delle professioni, della società
civile tutta. È difficile, vista la drammatica sproporzione tra vastità
dei bisogni e limitatezza delle risorse. Proprio per questo è una
battaglia che va condotta con applicazione, impegno e intelligenza.
Tutte qualità che il nostro territorio, se e quando vuole, sa
dimostrare».
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