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Cosenza. Violenza sessuale: il figlio "scagiona" il papà

Antonio Bruno Tridico. (foto com.) ndr.

di Carmine Calabrese

COSENZA, 30 SETT. – Una favola a lieto fine. Per fortuna. Un finale commovente e rassicurante, scritto da un bimbo, di sei anni. Per giorni Alfredo (il nome è di fantasia, ndr) un padre esemplare, ha vissuto un lungo ed interminabile incubo. Il peggiore che possa capitare ad un genitore: aver abusato di suo figlio. Ripetutamente. Un incubo iniziato nel pomeriggio di una apparentemente tranquilla domenica. Alfredo, infatti, ha accompagnato suo figlio, di sei anni appena, al pronto soccorso dell'Annunziata. Il bimbo, infatti, il giorno prima, mentre era a casa, con i nonni, era caduto in bagno, sbattendo violentemente il sedere contro un porta sapone. Ed è proprio durante la visita che i medici in servizio presso il Triage dell'Annunziata, hanno lanciato l'allarme, bollando come falsa le ferite per quella caduta. I sanitari, infatti, visitando il piccolo, hanno riscontrato lesioni all'ano, compatibili con abusi sessuali. La diagnosi medica, ha lasciato senza parole il padre del piccolo che, tra sconcerto e disperazione, s'è dovuto sedere su una sedia per non crollare a terra davanti alla sconcertante verità. Una verità, ribadita anche dai medici del reparto di Chirurgia pediatrica, chiamati al Pronto soccorso dai colleghi in servizio per una consulenza urgente. Da questa seconda analisi medica, è partita la segnalazione alla Procura della Repubblica di Cosenza. Una dettagliata relazione medica è stata depositata sul tavolo del procuratore capo Dario Granieri che, ha affidato la delicata inchiesta ad uno dei suoi pm più scrupolosi, Antonio Bruno Tridico (nella foto, ndr), componente del pool di magistrati sulle violenze in famiglia e i reati sessuali. Vista la delicatezza del caso, il magistrato ha affidato ad un consulente della Procura il compito di visitare il piccolo. Non solo. Il padre del piccolo, per un atto, per così dire dovuto, era stato iscritto nel registro degli indagati. Un'accusa infamante, contro la quale ha reagito con veemenza, chiedendo al sostituto procuratore di essere ascoltato. Con urgenza. Durante l'interrogatorio, Alfredo, assistito dall'avvocato Francesco Porto, nega ogni accusa, ribadendo la sua innocenza e giurando sullo stesso figlio di non avergli mai alzato un dito addosso. L'interrogatorio, però, non era servito per scrollargli di dosso l'etichetta di “orco” o di “mostro”. Alfredo aveva urlato la sua innocenza, l'aveva fatto anche con le lacrime agli occhi. L'ha fatto con la tenerezza di un padre, costretto dalla vita a dover crescere un figlio da solo. Un padre diventato anche “mammo” per compensare un'assenza, non rimpiazzabile. Per fortuna di Alfredo, sia il consulente del pm che il perito di parte, hanno escluso la compatibilità delle ferite con le ipotesi di abusi. Ma al pm, questo non è bastato. Serviva una conferma. La più difficile, la più dolorosa: sentire il bambino. Solo lui, infatti, poteva liberare suo padre da quella “macchia” d'infamia. Lo stesso titolare dell'inchiesta s'è recato dal piccolo per parlare con lui. Nessuna domanda imbarazzante, nessuna pressione psicologia. Niente. Il piccolo e il pm, nel chiuso di una stanza, si sono fatti una lunga chiacchierata. Parlando di tutto: dalla caduta, al rapporto con il padre. Dalle favole ai sogni di bimbo. Il piccolo, pur soffrendo per la sua condizione di malato, ha risposto con innocente lucidità alle domande del pm, non mostrando mai un tentennamento, mai un'incertezza, mai una smorfia. Di dolore, di paura. Parlando di suo padre, gli si sono illuminati gli occhi, gli sono usciti anche dei sinceri sorrisi. Al pm, il piccolo ha raccontato di quel padre amorevole e protettivo, quello che lo fa giocare, che gli rimbocca le coperte, che gli fa da mangiare, che lo porta ad uscire, che lo fa divertire. La figura di un super eroe, più che di un semplice padre. Alfredo potrà ancora raccontare le favole a suo figlio. Anzi, la favola più bella gliel'ha scritta e raccontata proprio il suo ometto.





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