Bari. DOMANI inaugurazione mostra "Sante" di Natascia Abbattista alla Sala Murat
Un opera in mostra. (foto com.) ndr. |
di Redazione
BARI, 13 OTT. - Si inaugura martedì 14 ottobre, alle 19,30, in Sala Murat a Bari (Piazza Ferrarese, ingresso libero), Sante, la personale di Natascia Abbattista che sarà in esposizione sino a domenica 19 ottobre, nell'ambito del Festival della Salute Mentale, promosso dal Dipartimento di Salute Mentale – ASL Bari, coordinato e ideato dal CSM Area 3, e da AL.I.C.E. AreArtiEspressive per la rete associativa territoriale e la parte artistica.
Non è rinchiudendo il vicino che ci si convince del proprio buon senso, a sentire Dostoevskij. Sante, l’ipotesi visiva condotta da Natascia Abbattista, attraversa un territorio della coscienza e dell’identità , psicologica e collettiva, nel quale sentiamo ancora balbettare le parole che Nietzsche, Foucault, Derrida e Binswanger dedicarono alla domanda sulla follia, sulla sragione, sull’orizzonte spezzato della normalità e del delirio.
Chi è che decide del buon senso, del giusto e dell’inopportuno, del folle e del santo? Se occorre individuare un grado zero della follia bisogna rintracciare il momento in cui essa viene separata dalla non-follia, mettendo in discussione le unità interamente date: date dalla storia come oggetto di verità conoscitiva, date come assolute.
La giovane artista pugliese, ricorrendo ad un lavoro di aggressiva decostruzione della propria immagine, agendo tra ironica stravaganza e drammatica deformazione, rievoca il percorso analitico tracciato da Jean-Martin Charcot nel trattamento delle malattie mentali. Charcot, uno tra i maggiori neuropsichiatri del XIX secolo, operò nell'istituto parigino Salpêtrière dove condusse i suoi studi sull'isteria epilettiforme arrivando a definire la malattia quale nevrosi sprovvista di danno anatomico specifico che tuttavia si manifesta con attacchi di estremo parossismo. Attraverso una accuratissima ricerca fotografica il medico documentò fasi e anatomie isteriche soffermandosi in particolare sulle impressionanti forme di “attitudes passionelles” legata alle strazianti fasi allucinatorie.
Negli autoscatti presentati in mostra, tuttavia, i linguaggi, le dinamiche, le posture e le espressioni facciali che la Abbattista ripropone, risentono di una seconda decisiva influenza iconografica, incredibilmente isomorfa rispetto a quella degli scatti di Charcot. Si tratta degli studi sull’estasi citati da Vittorino Andreoli nel suo saggio “ Follia e Santità ”, momenti di torsione corporale e agonia psicotica che ricorre nelle biografie agiografiche di Santa Emma Galgani e Santa Teresa D’avila.
Il luogo della sovrapposizione visiva tra isteria e santità sconfina irrimediabilmente nell’esigenza etica ed epistemologica del “discorso sulla follia”, ovvero nel tentativo impossibile di colmare lo iato tra accettazione e rifiuto sociale di tutte quelle forme liminali del comportamento umano. Una ricerca visiva, dunque, che pone acute domande sui processi culturali alla base della definizione dell’altro, dell’ignoto, di colui che travalica linguaggio e comprensione.
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