Cosenza. Morte in corsia: finisce l'incubo per cinque medici
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L'ospedale dell'Annunziata. (foto) ndr. |
di Carmine Calabrese
COSENZA, 20 OTT. – Camici “smacchiati”. Dopo un lungo iter giudiziario, il gip Giusy Ferrucci ha messo la parola fine alla vicenda legale di cinque medici dell'Ospedale dell'Annunziata, finiti sotto processo per omicidio colposo. L'omicidio colposo in questione era quello relativo al decesso di Rosella Bruno, 38enne di Roggiano Gravina (centro della Valle dell'Esaro, ndr), morta all'Annunziata, il 5 novembre del 2013. Il gip, sulla base degli accertamenti investigativi e dei riscontri medico-legali, ha “annullato” le accuse a carico di Francesco Mollica, Francesco Crocco, Armando Vigna, Valeria Vangeli, Carla Mazzone e Carlo Gentile. I sanitari, assistiti da un nutrito collegio difensivo, composto dagli avvocati Nicola Carratelli, Franz Caruso, Eugenio Naccarato, Fabrizio Falvo, Aldo Cribari e Stefania Bianco, sin dall'avvio dell'indagine a loro carico, rigettarono le accuse, dichiarando di aver seguito alla lettere tutti i protocolli diagnostici del caso. Se, da un lato, i camici bianchi lasciano il processo con una sentenza di archiviazione in tasca, i familiari della defunta reclamano giustizia e verità, per la morte di Rosella Bruno, strappata alla vita a soli 38 anni. La triste storia di Rosella Bruno, (sposata e madre di due figli piccoli, ndr) inizia nel tardo pomeriggio del 28 ottobre del 2013. La 38enne, per diversi giorni accusa uno stato generale di malessere ed è tormentata da un fitto mal di testa. Che non le permette nemmeno di ragionale. Dopo essersi recata dal suo medico di base per farsi visitare, non avendo trovato efficaci le terapie farmaceutiche prescritte, s'è recata presso il pronto soccorso dell'Annunziata. Lì, dopo essere stata visitata da personale in servizio presso l'area medica e tenuta per ore sotto osservazione, è stata dimessa con prescrizione terapeutica di farmaci antidolorifici. All'ospedale dell'Annunziata c'è ritornata tante altre volte, tutte conclusesi con dimissioni. L'ultima volta è successo, a fine di ottobre, sempre del 2013. Con un'aggravante. Quella volta, infatti, dopo essere stata visitata, finì in un letto nel reparto di osservazione del Pronto Soccorso. Il giorno seguente, dopo un'ulteriore visita, il trasferimento nel reparto di Ematologia. Sottoposta ad un'accurata visita e ad una lunga serie di accertamenti, l'inizio di una cura con la somministrazione di cortisone. Poi, a distanza di qualche giorno, le dimissioni. E pareva stesse meglio. Ma ritornata a casa, alcune ore dopo, le sue condizioni si sono improvvisamente aggravate. La 38enne inizia a delirare. Caricata su un'ambulanza e traspotata d'urgenza all'Annunziata, viene sottoposta ad una tac che rileva una “trombosi del seno venoso”. Durante l'esame diagnostico, Rossella perde conoscenza ed entra in coma. Non risvegliandosi più. Il suo cuore cessa di battere, la sera del 5 novembre del 2013, mentre è ricoverata nel reparto di Rianimazione. I medici, pur tentando di rianimarla non riescono nell'intento di salvarle la vita. Appreso il decesso, i familiari si recano presso il posto fisso di polizia e presentano una denuncia. Secondo loro, la loro congiunta non è stata adeguatamente curata. I familiari della 38enne, non hanno dubbi: i medici che l'hanno avuta in cura e sballottata per giorni tra i reparti sono i responsabili della sua morte. Scatta l'inchiesta. Il procuratore capo della Repubblica di Cosenza, Dario Granieri, dispone il sequestro delle cartelle cliniche, le schede d'ingresso in ospedale, le prescrizioni mediche e le terapie farmacologiche somministrate, nonché il sequestro della salma per l'esame autoptico. Per i familiari della 38enne, la loro congiunta è deceduta per un'anemia emolitica di cui era affetta, non adeguatamente curata e tenuta sotto osservazione. Ma per il gip, i medici non hanno avuto alcuna responsabilità specifica nel decesso della 38enne. E archivia il caso. I familiari pretendono giustizia e vogliono la verità. E ci sono due bambini che, dalla sera del 5 novembre del 2013, chiedono sempre dov'è la loro mamma e quando tornerà a casa. Mai, purtroppo per loro.
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