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Foggia. Giornalismo: meno quello di facciata più quello d’inchiesta

Il logo dell'associazione. (foto) ndr.

di Redazione

TORREMAGGIORE (FG), 30 OTT. - Di seguito pubblichiamo un comunicato stampa dell'Associazione Antiracket "Capitano Ultimo" sul tema del giornalismo.

«Spesso ci viene chiesto da dove deve partire il vento del cambiamento in un contesto sociale omertoso.
“Noi”, al riguardo, non abbiamo dubbi! La risposta è scritta qui, nella pubblicazione, poiché trova riscontro nella categoria dei Giornalisti. Queste persone hanno il “Potere” dell’informazione e della comunicazione. Un gran potere, che coinvolge le masse, spesso le plasma, indirizzandole laddove ritengono opportuno farle confluire. Naturalmente c’è chi lo fa per semplice e libera informazione e chi su commissione. Per i primi nulla da eccepire, mentre per i secondi bisognerebbe fermarsi un po’ e riflettere un attimo. Tra i primi c’è il giornalista che fa inchiesta, quello che deve farvi capire realmente come stanno le cose, investigando e mettendoci del suo senza influenze altrui. Purtroppo, secondo noi, questo tipo di giornalismo è relegato a pochi addetti ai lavori che conservano animo candido dalle innumerevoli offerte di una politica autarchica e non più democratica.  Il giornalismo d’inchiesta ormai è divenuto una lontana chimera. Non  a caso il giornalismo dovrebbe, usiamo il condizionale, essere al servizio dei cittadini, libero da posizioni partitocratiche e servilistiche verso chi vuole plasmare la massa. In teoria un articolo giornalistico deve fare corretta informazione, suscitare interesse e creare opinione, non deve prendere posizioni in merito a chi e cosa, altrimenti diventa comunicazione, spesso anche subliminale. Purtroppo, ed è cosa nota, oggi il giornalismo è per il 90% cronaca e gossip. Lo è perché fa notizia e perciò vendite di giornali e tanti click sui portali web d’informazione che attirano pubblicità. Un luogo comune che accomuna chi oggi si avvicina al giornalismo, per meglio all’auto editoria, e lo fa con la tecnologia 2.0, anzi la 3.0 quella in voga nei sociale network. Basta poco e intenti comuni di chi vuol far profitti e voilà eccoti uno spazio, cartaceo o web, dove immortalare la notizia, semmai sfruttando l’appassionato di giornalismo, per nulla pagato, disposto a tutto, anche a sottacere a forme estorsive pur di scrivere e casomai riuscire ad ottenere la tanto iscrizione ad un albo che come gli altri è una lobby. La modernità sta cambiando il modo di fare giornalismo. Si parla tanto di “giornalismo partecipativo”, il cosiddetto citizen journalism o street journalism o open source journalism, dove mette assieme giornalisti e lettori con la partecipazione attiva ottenuta con i nuovi media grazie alla natura interattiva offerta da internet. Ebbene, quale miglior occasione per promuovere un giornalismo partecipativo d’inchiesta, dove il lettore diventa fonte d’informazioni utilissime al giornalista. Sarebbe un avvio alla collaborazione attiva dei cittadini per combattere estorsioni e delinquenze varie. 
Perché noi dell’Associazione Antiracket “Capitano Ultimo” diciamo tutto questo? Non, non siamo diventati pazzi, o come si dice a Roma ” abbiamo sbroccato”. Né siamo contro i giornalisti. Ma l’andazzo che da qualche tempo ha preso piede nel nostro Paese, troppo tempo, è tutt’altro libero giornalismo d’informazione e d’inchiesta. Nel nostro piccolo, nella provincia in cui abbiamo deciso di porre una sede, quella di Foggia, manca quel buon e “sano” giornalismo d’inchiesta, oltre ad avere una limitata fetta di quello della libera informazione. Come si può star zitti quando si vede, anzi non si vede, che le maggiori testate giornalistiche locali e regionali non pubblicano tutti i comunicati stampa che giungono preso le loro redazioni, spesso dando spazio a quelli dei soliti politici, agli amici degli amici, personaggi cosiddetti importanti dell’impresa locale (che si rivelano editori e/o finanziatori delle medesime testate giornalistiche, della t v e delle radio). Tutti hanno diritto, tutti!
Tuttavia, e ci ritorniamo perché crediamo in questo tipo di giornalismo, quello d’inchiesta è qualcosa di diverso dalle solite notizie diffuse dalle redazioni. È un lavoro meticoloso, spesso pericoloso, svolto nella ricerca della “notizia” e delle loro fonti, spesso anche “complice” di informatori riservati che vanno tutelati con il riservo totale (lo prevede la deontologia giornalistica, che è inviolabile). Una ricerca che comporta oneri personali, spesso senza onori. Il giornalista d’inchiesta ha un dispendio di energie di gran lunga superiore a quello informativo. Diversamente quello comunicativo, perlopiù pagato di più degli altri sempre che il committente abbia buon cuore, è svolto comodamente. Chi fa inchiesta e la scrive, cari signore e signori, svolge un lavoro che richiede ricerca, pazienza, conoscenza della materia, dilazionando i tempi per pubblicare una notizia, che dell’approfondimento ne fa un dogma poiché ha una responsabilità di gran lunga superiore a qualsiasi altro che fa notizia di cronaca. 
Fare inchieste giornalistiche vuol dire innescare processi culturali e sociali di elevato valore, che inevitabilmente non collimano con la parte inquisita provocando prese di posizioni anche legali e di pericolo personale. Ovviamente tutti sappiamo benissimo che quello dell’inchiesta è un giornalismo troppo scomodo, troppo oneroso e molto poco redditizio, come abbiamo già detto. Il suo fine non è quello di perseguire o contrastare specifici comportamenti, ma di promuovere una presa di coscienza nell’opinione pubblica di questo o di quel particolare fenomeno, al fine di far maturare in essa le condizioni per superarlo e far chiarezza e sacrosanta verità.
Il giornalista d’inchiesta si differenzia dai “Normali” perché è parte attiva della notizia e parla delle censure mediatiche e di casi rilevanti. In gergo si dice che il giornalista d’inchiesta non “piega” le notizie per compiacere qualcuno. Piegare una notizia vuol dire che se essa è da prima pagina, la si riduce in un trafiletto nella zona riservata ai necrologi o addirittura subisce la mancata pubblicazione. 
Il vento del cambiamento come spesso citava il dott. Alfredo Fabbrocini, ex capo della Squadra Mobile della Polizia di Stato di Foggia, deve partire all’unisono da tutte quelle categorie atte al bene comune e, a parer nostro, in primis dalla categoria dei giornalisti, capaci di creare quell’onda necessaria per far scatenare uno “tsunami” di legalità e trasparenza.
Il giornalismo è una fonte inesauribile ed insostituibile nel far conoscere le verità occulte dei poteri forti che imbrigliano intere comunità in quell’assordante silenzio di giornalismo di facciata».

Associazione Antiracket Capitano Ultimo
“Humiliter-Humilium”




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