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Politica. Biccari, il Sindaco "chiude" il Comune per protesta contro i tagli del Governo

Il sindaco di Biccari, Gianfilippo Mignogna
BICCARI, 3 OTT. – Comune chiuso per tagli. Come altre 564 amministrazioni locali, che hanno aderito alla protesta civica ispirata in tutta Italia dai sindaci dei Monti Dauni, in primis Gianfilippo Mignogna. I social hanno fatto il resto.
Dalle parole ai fatti: questa mattina, lo stesso Mignogna ha provocatoriamente e simbolicamente serrato le porte della sede municipale, per contestare l’inesorabile e drammatica riduzione dei trasferimenti statali. In provincia di Foggia, massiccia adesione con Alberona, Casalvecchio, Castelnuovo della Daunia, Castelluccio Valmaggiore, Celle San Vito, Faeto, Motta Montecorvino, Panni e Roseto.
Nella piazza antistante il Comune, Mignogna, accompagnato dal suo vice Francesco Sessa, assessori e consiglieri, ha spiegato il motivo della protesta civica, annunciata nei giorni scorsi. «Siamo passati dagli oltre 955mila euro del 2008 – ha spiegato – ai 15mila di quest’anno. La situazione ha iniziato a precipitare in maniera preoccupante a partire dal 2012, quando dal Governo centrale di Roma abbiamo visto corrisponderci 768mila euro, fino al tracollo del 2014 con 161mila euro e lo schiaffo di quest’anno con poco più di 1000 euro al mese. La casta chiede sacrifici a tutti, tranne che a se stessa. In particolare, le aree montane sono state penalizzate».
Dal Ministero delle Finanze, il Comune di Biccari per il 2015 si è visto assegnare 196 mila euro (con un taglio di 94 mila euro rispetto al 2014) a titolo di Fondo di solidarietà, ma deve contribuire a Roma, per meccanismi compensativi in base ai quali una parte del Fondo è alimentata dalle stesse quote di partecipazione dei Comuni per essere redistribuita agli stessi, restituendo oltre 181 mila euro (pari al 38,23% dell’Imu da incassare). In pratica, tra “dare” e “avere”, lo Stato ha trasferito al Comune di Biccari soltanto 15mila euro.
Sullo sfondo, l’introduzione di soppiatto, lo scorso dicembre, dell’Imu agricola da cui Biccari era esentata in quanto Comune montano. Ma in quei giorni Matteo Renzi decise che potessero mantenere lo status soltanto quelle realtà le cui sedi municipali si trovano ad oltre 600 metri di altitudine. Insufficienti i 450 degli uffici biccaresi, con Mignogna che trasferì simbolicamente scrivanie e computer a 900 metri sul Monte Cornacchia.  E poi c’è il Patto di Stabilità da rispettare: «Vincoli simili – commenta Mignogna – impediscono ad un Comune in difficoltà come il nostro di partecipare a bandi per il superamento del dissesto idrogeologico o di qualsiasi problema peculiare ed urgente del nostro territorio, se c’è da assicurare un cofinanziamento. Così come non riusciamo per la stessa ragione a realizzare i lavori di somma urgenza dopo i frequenti e devastanti fenomeni atmosferici. Insomma, ci impediscono pure di utilizzare i nostri stessi risparmi».
In tutto questo, le amministrazioni sono costrette a mirabolanti equilibrismi per non vessare la popolazione con l’aumento delle tasse locali ed il mantenimento dei servizi essenziali. A luglio i Piccoli Comuni, i più vessati da tagli e riforme, si erano incontrati in piazza Montecitorio a Roma. Ora, dopo la serrata generale del 2 ottobre, occorre andare oltre. «A breve ci incontreremo con l'associazione nazionale Piccoli Comuni italiani e quella dei Comuni dimenticati – fa sapere l’organizzatore della protesta, Mignogna – per elaborare una proposta di legge di iniziativa popolare a favore dei Piccoli Comuni». (C. St.)





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