Attualità. ESCLUSIVA. Parigi, il giorno dopo la strage, nella testimonianza esclusiva di un'artista di Molfetta
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Nicoletta Morolla, testimone della strage di Parigi |
di Paola Copertino
MOLFETTA, 15 NOV. - Il giorno dopo la strage terrorista di Parigi, in esclusiva per La Gazzetta Meridionale una testimonianza in presa diretta del clima di orrore che si vive nella capitale francese, ma anche un grido di libertà e di speranza che accomuna chiunque abbia davvero a cuore le residue possibilità di convivenza pacifica tra culture differenti. Nicoletta Morolla, molfettese, vive all'ombra della Tour Eiffel dall'inizio degli anni '90. Qui ha intrapreso due percorsi professionali paralleli: uno nella fotografia - stage all’agenzia Magnum con incontri del calibro di Henri Cartier-Bresson e Koudelka, diverse mostre e pubblicazioni - e l’altro nell’Education Nationale, nella quale è ormai docente di ruolo di lingua italiana. Il nostro "contatto" molfettese-parigino sta bene, fortunatamente non è rimasto coinvolto negli attentati, ma conosce i luoghi degli attentati e, da ieri, respira l'aria pesante che una folle mattanza come quella di Parigi lascia inevitabilmente dietro di sé. Il suo racconto è carico di dolore, di voglia di ricominciare a sperare, anche se ogni cosa sembra difficile e il pericolo per l’Occidente sempre più vicino.
«Parigi, 14 novembre 2015, ore 22. Quando già l’empatia ci mette in sintonia col dolore, la percezione concreta e la prossimità creano una destabilizzazione profonda. Parigi, in tutti questi anni di adozione e di apprivoisement, oltre ai lieti eventi, mi aveva abituata anche agli attentati. A cominciare da quelli del ’95 – si scendevano le scale di accesso della metropolitana senza la certezza di uscirne a destinazione – fino agli attentati di gennaio di quest’anno, quando siamo tutti diventati Charlie.
Questa volta è il modus operandi a cambiare. Questi terroristi non avevano un obiettivo sensibile, ma tutto e tutti siamo diventati una tessera di quest’odiato e agognato Occidente responsabile – a quanto sembra – di ogni male. Ed è così che, un gruppo di islamisti, in nome di Allah Akbar, si autorizza a colpire in più punti le tessere di una convivenza cosmopolita riuscita, per vendicare non si sa bene cosa. E dopo una notte infinita della quale sarebbe inutile rielencare le tappe del dolore, ci si sveglia l’indomani con una sensazione di incontenibile sgomento, quella di quando ti arrivano i ladri in casa, ti distruggono tutto e ti chiedi perché l’allarme non abbia funzionato. Oggi Parigi è stata una città chiusa e “rinchiusa” (l’invito delle autorità è stato “rimanete in casa”) ma l’elaborazione del lutto necessita della ricognizione reale sui luoghi del dolore.
“Disperdetevi: è pericoloso”.
“Sì, certo, grazie”.
Ma nessun pericolo è più grande – e più forte – della necessità di rialzarsi, con dignità e pudore, armati soltanto di una cosciente solidità intellettuale, scevra ormai da ogni demagogia possibile e animata da un profondo orgoglio di essere libera ed Occidentale».
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