Martina Franca (Ta). 44° Festival della Valle d’Itria: Il Giulietta e Romeo di Nicola Vaccaj
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Una immagine dello spettacolo. (foto Paolo Conserva) ndt. |
di Daniele Lo Cascio
MARTINA FRANCA (TA), 15 LUG. – Non poteva esserci
opera più appropriata per inaugurare la 44ª edizione del Festival della Valle d’Itria
intitolata “Eclissi d’amore” che il Giulietta
e Romeo di Nicola Vaccaj. L’opera proposta venerdì scorso nell’atrio del
Palazzo Ducale di Martina Franca, nell’edizione critica a cura di Ilaria Narici,
segue il libretto di Felice Romani che a differenza della versione Shekespiriana
condensa la storia più sulla tragedia di Giulietta che sulla storia d’amore in
se. La prima rappresentazione dell’opera avvenne a Milano al Teatro della
Canobbiana il 31 ottobre 1825. L’opera, che valse da sola a Vaccaj la
reputazione di buon operista, si svolge su di un piano astratto tra ascendenze
barocche, rimarcate dalla voce del contralto en travesti e realismo tipico ottocentesco, tra mondo rossiniano e mondo
verdiano. Il successo dell’opera fu però effimero dal momento che fu oscurato cinque
anni dopo, nel 1830, dall’analogo Capuleti e Montecchi di Bellini, nonostante
di quella di Vaccaj spesso se ne preferiva il finale. Nel 1835 il mezzosoprano
Maria Malibran chiese la sostituzione dell’ultima scena della partitura di
Bellini dei Capuleti e Montecchi con
quella di Vaccaj. Questa scelta trovò consenso e impiego durante tutto
l’Ottocento tanto che l’editore Ricordi pubblicò il finale di Vaccaj in
appendice alla partitura belliniana.
A differenza delle altre opere dell’Ottocento,
in cui il tenore vuol conquistare il soprano mentre un baritono glielo
impedisce, qui è un contralto/mezzosoprano che cerca di conquistare un soprano
mentre un tenore glielo impedisce. Musicalmente l’opera si compone di dodici numeri
musicali nei due atti, intervallati da recitativi semplici in cui vi sono
melodie di raffinata eleganza alternate a parti vocali mai coperte dall’orchestrazione
nella più pura tradizione belcantistica. La revisione critica di Ilaria Narici
e Bruno Gandolfi ha visto l’esame di tutto il materiale a disposizione: manoscritto
autografo, riduzione canto-piano e libretti esistenti. La regia di Cecilia Ligorio,
in aderenza al libretto di Felice Romani è partita direttamente dalla tragedia
vissuta da Giulietta che è stretta tra il dolore di essere lontano da Romeo,
già ricercato per la morte del fratello e l’oppressione di Cappellio, padre-padrone
che la vuole a tutti i costi sposa di Tebaldo. Utili in questo senso e ben
realizzate le scene di Alessia Colosso che rappresentano la casa scaligera dei Capuleti,
che per quanto ampia costituisce sempre un gabbia nella quale Giulietta resterà
sepolta, ne è espressione la porta della stanza che al chiudersi definitivamente
diventa una tomba. Belli e fastosi i costumi di Giuseppe Palella, neri per tutti
i Capuleti e bianchi per Romeo, simbolo dell’amore puro e vero.
(foto Polo Conserva)
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Sesto Quatrini ha diretto l’Orchestra dell’Accademia
Teatro alla Scala e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza, perfetto
concertatore tra l’orchestra e l’ottima compagnia di canto così composta:Capellio (Leonardo Cortellazzi), Giulietta (Leonor Bonilla), Romeo
(Raffaella
Lupinacci), Adele (Paoletta Marrocu),
Tebaldo (Vasa Stajkic), Lorenzo (Christian Senn). Ultima replica martedì 31.
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