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Intervista. Linda Edheloff, le sue rane gracidanti e l'amore universale

Un'opera della collezione e. (foto com.) ner.

di Cinzia Tattini

BARI, 13 LUG. -  Linda Edelhoff è una scultrice italotedesca, nata a Iserlhon nel 1975 e vive a Milano. Laureata in scultura all'Accademia di Belle Arti è attualmente insegnate di discipline plastiche. Terminati gli studi apprende presso laboratori specializzati le tecniche del restauro della scultura e del dipinto. Stilisticamente parlando, la scultura di Linda Edelhoff parte da una sorta di iperrealismo che sfocia poi nell'immaginario fantasy. Le sue sculture sono minuziosamente studiate nei particolari e nulla è lasciato al caso. Predilige la terracotta, ma si avvale anche di resine, stucchi, cemento e stoffe per arricchire la texture dei suoi lavori. Questo linguaggio materico così variegato le permette di esprimere più drammaticamente il suo ego, il suo vissuto. 

Le sue sculture colpiscono per una particolarità, una sorta di marchio di fabbrica, un logotipo distintivo che incuriosiscono inevitabilmente chi le osserva: rane e rospi si poggiano pigri e morbidi sul capo, sulle spalle, sulle labbra, sui corpi femminili e voluttuosi. La rana piccola e fragile si muove agile nell'acqua, mentre fuori dal suo stagno salta goffamente. Ferma o di passaggio, seduta o pronta al balzo sembra essere comunque in continua interazione con chi la sorregge tra le mani. Il Rospo che con lentezza ma inesorabile si muove in cerca di un contatto a “fior di labbra”. La collezione intitolata è “l’amore universale”. Un progetto artistico col quale l’artista ha partecipato alle più importanti esposizioni di arte contemporanea in Italia e che presto arriverà anche in varie sedi della Toscana. Intervistando la scultrice, riporto in breve le sue parole: “Mi ricordo che da bambina mio padre era solito raccontarmi una fiaba prima di addormentarmi. Tra le tante una in particolare mi colpì maggiormente. “Il Principe Ranocchio” fiaba tedesca dei Fratelli Grimm che racconta dell'amicizia tra un ranocchio e una principessa. 

Quello che maggiormente catalizzava la mia attenzione era la fragilità di questo piccolo anfibio. Ascoltandola dalla voce di mio padre capii che nell'immagine del ranocchio che cercava un’interazione con la principessa vi era il senso della supplica, della fragilità di un essere che cercava nella bellezza una sorta di redenzione dal suo stato. Un rospo rugoso e viscido suscita rifiuto e assurge a metafora di esclusione, inadeguatezza finanche alla non accettazione di se stessi. Nella fiaba infatti , la principessa inizialmente instaura un dialogo con il ranocchio, il quale l'aiuta a recuperare una palla dorata finita in fondo allo stagno. Ma una volta recuperata la palla d'oro questa promessa di amicizia rimane delusa. Infatti la principessa non più tollerante ma anzi irata dalla presenza del ranocchio, in uno scatto nervoso scaraventa lo sventurato esserino al muro, ma alla vista del ranocchio esanime lei scoppia in un pianto disperato e tenendolo vicino ad essa si addormenta. Al suo risveglio la principessa scopre che accanto non vi è più un ranocchio ma un fiero e bellissimo principe, ormai sciolto da un malvagio incantesimo grazie alle sue lacrime. 

E' una fiaba che presenta molte immagini metaforiche. Chi non la conosce nei dettagli ricorda solo un magico bacio che tramuta il ranocchio in un bel principe. In realtà nella fiaba originale tedesca non c'è alcun bacio, ma nelle innumerevoli traduzioni e nella popolare trasposizione “Disneyana” è stata un po' addolcita per renderla più popolare. Ho voluto adottare la variante romantica del bacio per eleggerla a simbolo dell'amore universale. Il bacio essenza dell'amore stesso, senza distinzione di sesso, l'amore di un marito, l'amore di una madre verso i figli, l'amore che vive nel ricordo di una vedova, l'amore magari unico nel ricordo adolescente di un bacio rubato, l'amore senza età che vorrebbe essere compreso, l'amore illogico che nasce improvvisamente per una chimica sconosciuta. Nel silenzio del mio laboratorio la mia fantasia si scatena e cerco di raccontarvi l'amore universale attraverso le mie mani”. L'arte di Linda Edelhoff non nasce a tavolino ma è un divenire emozionale di creatività che solo in un secondo momento diventa progettuale. 

Una cura maniacale per i dettagli che attinge dalla scuola iperrealista per tradursi poi in una forma stilistica di matrice neo-simbolista per raccontare a chi vuole ascoltare l'amore universale.



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