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"È nato il Movimento Politico dei Popoli del Sud", lo annuncia Matteo Notarangelo


di Redazione

MONTE SANT'ANGELO (FG), 12 SETT. (Com. St.) - Il 24 Agosto 2019, a Grancia, provincia di Potenza, è nato il Movimento politico dei popoli del Sud. Fra i fondatori, insieme ad altri economisti e storici del meridione, fra cui Pino Aprile, il nostro amico sociologo, Matteo Notarangelo, il quale da anni, attraverso la fondazione da lui promossa del Centro “Genoveffa De Troia” di Monte Sant’Angelo, ha intrapreso una dura lotta contro l’emarginazione sociale, difendendo i più deboli e i più disagiati, in una società che ormai non riconosce più il valore della solidarietà e dell’accoglienza. Un Movimento che è una forza politica meridionale che si propone di fermare la neo-conquista del Sud da parte del Nord e smascherare il trasformismo politico del M5stelle. Esso è aperto a tutti gli uomini e donne, liberi e civili, che si vogliono confrontare su temi e problematiche che riguardano principalmente la “questione meridionale”, che nasce subito dopo l’Unità d’Italia, in maniera tale da creare subito un dualismo non solo politico, quanto economico-sociale, fra il Nord e il Sud, quest’ultimo costretto a salvare, attraverso i suoi fondi, la bancarotta delle regioni del Nord, fra cui il Piemonte. Un Movimento, quindi, che pone in risalto il dualismo che si è venuto a creare subito dopo l’Unità d’Italia, tanto da creare in essa due velocità di sviluppo, con un Nord in progressiva crescita e un Sud fermo e in relativa decrescita. Oggi tale visione sta prendendo coscienza e conoscenza attraverso gli studi e le ricerche di diversi storici e sociologi, fra cui Pino Aprile, autore del libro Terroni (2010), C. Alianello, N. Zitara, G. Viesti, L. Ricolfi, F. Felice, M. Esposito, i quali hanno creato le premesse per un revisionismo del nostro Risorgimento e quindi della conquista da parte del Nord dell’altra Italia, il Sud, con nuove ricerche e nuove analisi delle fonti riguardanti, non solo le origini dell’approccio critico al Risorgimento, quanto il modo in cui è avvenuta l’Unità d’Italia, con tutto quel fenomeno riguardante il brigantaggio, visto ormai non più come fenomeno delinquenziale dei contadini del Sud contro i Piemontesi, ma come una “rivoluzione mancata” da parte delle classi più deboli del Sud verso il potere sabaudo. Quindi una piemontesizzazione forzata, che ha prodotto, da parte del nuovo Stato, eccidi di massa e deportazioni, con una mancata riforma agraria sul piano politico-economico. Da ciò è scaturito, poi, il fenomeno dell’emigrazione, che si è avuto fra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento, fino ai primi decenni del XX secolo, con un progressivo impoverimento delle regioni del Sud rispetto al Nord.



Oggi tale situazione si ripresenta in maniera ancora più evidente, di fronte ad una massiccia e perdurante emigrazione di giovani del Sud, costretti a trovare lavoro verso le regioni del Nord, con un evidente impoverimento della base sociale e quindi del tessuto intellettivo ed economico, tanto da precludere ogni processo di sviluppo e di crescita delle regioni meridionali.
Il Movimento politico dei popoli del Sud di Grancia si propone di ripristinare i diritti dei meridionali, nel creare opportunità di sviluppo e di crescita, attraverso principi di uguaglianza, di solidarietà e di pari opportunità. Non più un’Italia divisa in due, ma un’Italia solidale e unita, attraverso una politica giusta, in cui tutti abbiano il diritto di raggiungere il benessere e la felicità. Da tutto ciò nasce la condanna contro ogni forma di divisione fra Nord e Sud, dove il cosiddetto “regionalismo differenziato” non sia lo strumento per far si che il Nord diventi sempre più ricco e il Sud sempre più povero.
A questo punto dobbiamo segnalare l’inefficacia delle politiche di sviluppo territoriale effettuate dallo Stato in questi ultimi decenni, e principalmente dal 1992, allorquando vi è stata la legge 488 riguardante gli interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno. Due autori, Antonio Accettura e Guido De Blasio, nel loro libro Morire di aiuti. I fallimenti delle politiche per il Sud (e come evitarli), IBLLibri, Torino 2019, si sono posti la domanda se tali politiche di sviluppo hanno avuto dei risultati positivi. La risposta è stata negativa, in quanto sia i contratti di programma, nati nel 1986, hanno funzionato poco, così come i patti territoriali del 1992 non hanno avuto per il Mezzogiorno “nessuno effetto”. Così come i contratti d’area che, vedi per la Piana di Macchia (Monte Sant’Angelo-Manfredonia), non “sembra abbiano granchè funzionato”. E neppure i programmi operativi regionali finanziati attraverso i cosiddetti fondi strutturali, il cui impatto sarebbe stato “debole e molto vicino allo zero”. Per non parlare poi delle politiche per l’innovazione o le politiche di rigenerazione urbana. Insomma, secondo gli Autori, una condanna senza appello. A tutto ciò si aggiunge la connivenza fra potere politico e potere mafioso, tanto da creare le basi per una diffusa corruzione a tutti i livelli. Del fatto è opinione diffusa che le politiche di sviluppo territoriale sono diventate spesso veri e propri canali di selezione della classe dirigente locale, tanto che le risorse convogliate sul territorio servivano solo a soddisfare le più disparate clientele dei politici, tanto che le stesse regioni in ritardo hanno smesso di credere a un futuro di sviluppo economico: gli aiuti pubblici sono percepiti unicamente come un sussidio per attività improduttive e come strumento per arricchire corruttele e criminali. Infine si è diffusa l’opinione che: “Trent’anni di politiche fallimentari hanno generato sfiducia nei confronti dell’intervento dell’operatore pubblico, creando così una sfiducia diffusa nello Stato”.
Da tutto ciò nasce una ferma condanna contro ogni forma del trasformismo, dell’individualismo, di politica di parte, di colonialismo e di supremazia del Nord nei confronti del Sud.
 
I sostenitori per un partito per il Sud dell'Italia (foto allegata) ndr.

La differenziazione fra globale e sviluppo locale non deve servire solo per privilegiare le regioni del Nord, ma essa deve far sì che il Sud abbia pari opportunità di crescita e di sviluppo come il Nord. Né d’altra parte lo Stato deve penalizzare il Sud per quanto riguarda gli investimenti, tanto da privilegiare, come è stato fatto fino ad adesso, solo il Nord nelle sue infrastrutture e nei suoi poli industriali, lasciando indietro il Sud e le sue regioni. Regioni che purtroppo da decenni sono state lasciate a loro stesse, senza una vera e propria programmazione economica da parte dello Stato centrale. Del resto è sotto gli occhi di tutti lo stato di degrado delle infrastrutture riguardanti la rete viaria, tanto da non permettere un regolare collegamento fra le regioni del Sud e l’Europa settentrionale, nè con le regioni del Mediterraneo, specie verso l’Africa Settentrionale e i paesi del Medio Oriente, da cui il Sud riceve solo emigranti in cerca di fortuna e di speranze. Un Sud che sia capace di determinare il proprio sviluppo e quindi il proprio benessere. E per fare questo, c’è bisogno di convocare gli Stati generali del Mezzogiorno per elaborare una Costituente dei popoli del Sud. Una Costituente che ponga in primo piano i problemi del Sud, senza rinnegare il Nord, ma ponendolo sulla stesso piano del Sud. Un nuovo “risorgimento” che ripopoli il meridione, da sempre sfruttato e colonizzato, assistito e depauperato da chi investe in questa terra per trasformarla in una colonia del Nord, attraverso i sussidi pubblici e i proventi del Nord.
Bisogna, secondo Matteo Notarangelo, costruire una nuova forza politica dei meridionali, una nuova classe, un nuovo programma politico, scaturito dalle esigenze della gente, nell’ambito di una vera e propria autonomia, che è ben differente dal regionalismo, dal federalismo, dal particolarismo e dal separatismo. Un’autonomia che sia l’espressione di una politica rivolta alle grandi potenzialità del Sud, in campo agricolo, in campo del turismo ambientale, in campo culturale e quindi dei Beni culturali, in campo degli scambi commerciali con i paesi del Mediterraneo. Un programma economico-politico di alto livello, che si basi soprattutto sull’innovazione, sull’efficienza, sulle potenzialità dei “luoghi”, intesi come luoghi di sviluppo e di crescita sociale e culturale. Tutto ciò al fine di arginare il fenomeno dell’emigrazione, ma soprattutto della disoccupazione giovanile.
Inoltre vi è il problema di arginare lo scempio del nostro territorio e delle nostre città, soggette a piani economici che vanno contro le vocazioni territoriali, come nel caso del “contratto d’aria” della Piana di Macchia, dell’industrializzazione dell’Ilva a Taranto, del polo industriale di Bagnoli a Napoli. Quindi, una politica che affronti davvero e in maniera concreta la “questione meridionale”, con una nuova visione, non più “subalterna al Nord”, ma capace di determinare un nuovo corso economico-culturale del Sud. E tutto questo può avvenire attraverso un nuovo Movimento politico dei popoli del Sud, che “raggruppi tutte le anime disponibili, libere da fardelli ideologici, a dare forma e concretezza ad una nostra politica forte e democratica”.


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