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L’Intervista. Simona Lapomarda, la calciatrice mattinatese che gioca in Spagna

La calciatrice Simona Lapomarda (foto FC Puerto del Carmen) ndr.
di Nico Baratta

PUERTO DEL CARMEN - ISOLE CANARIE (SPAGNA), 24 OTT. - Calcio non vuol dire solo sport maschile. Ormai è un dato di fatto. Evviva che ci sia. L’exploit ai Mondiali di Francia 2019 ha visto le Azzurre principali protagoniste in uno scenario che fino a ora era predominante per gli uomini. Arrese solo alla fortissima Olanda, le calciatrici italiane hanno fatto posizionare la nazionale rosa nelle alte classifiche del ranking mondiale. Milioni di spettatori le hanno tifate, hanno gioito e sofferto, e pianto dopo la sconfitta con le Orange. Perfino diverse aziende hanno preferito affidare al volto di alcune di loro la pubblicità dei prodotti. Una vittoria nella vittoria, considerando che le atlete italiane giocano con stipendi miseri, mantenendosi con altri lavori. Un tema che si sta affrontando in Lega Calcio e che la FIGC dovrà sistemare se vorrà avere un calcio rosa competitivo e soprattutto vincente. In Italia abbiamo molte realtà di calciatrici. Chi nel calcio a 11, chi in quello a 5. Tra queste ci sono calciatrici che per passione purtroppo devono emigrare in altri paesi. Simona Lapomarda, 29enne, di Mattinata, in provincia di Foggia, è una di queste. Attaccante con tutti i due i piedi, Simona è cresciuta nel settore giovanile dell'US Matinum, giocando tra le esordienti e giovanissime. Vanta esperienze anche in serie maggiori, come la serie A con la Lazio e A2 con il Caprera, sia in serie C in Campania che in Puglia, con le maglie del Pontecagnano Avellino, con la casacca del Torremaggiore dove vince campionato e coppa interregionale Puglia-Basilicata. Ha indossato le maglie del Trani e della Stella Rossa Bisceglie. A Manfredonia e a Sora ha giocato nel calcio a 5. Tutte esperienze che la fanno maturare e far conoscere. Difatti ora gioca in una squadra spagnola nelle Isole Canarie, dopo un mese per regolarizzare i documenti per poter giocare. E solo da mercoledì scorso, 16 ottobre 2019, a documenti arrivati, ha immediatamente ottenuto la sua prima convocazione. Dal 19 di questo mese è titolare della squadra isolana spagnola, con tanto di fiducia del suo mister rispondendo alla convocazione mettendo in rete una doppietta e facendo tremare una traversa. L’abbiamo raggiunta per telefono, per conoscerla, per sapere come si trova in Spagna, per farla conoscere e ricordarla a chi la avuta in squadra.

D: Rompiamo gli indugi e diamoci del Tu. 29 anni di Mattinata, Simona dopo anni di militanza in serie inferiori italiane, sei approdata all’estero. Ora dove giochi? Calcio a 11 o a 5?

R: Attualmente gioco nel F.C. Puerto del Carmen Lanzarote, squadra di calcio a 11, nel campionato regionale della provincia di Las Palmas e Gran Canarie.

D: In quello maschile conosciamo bene la differenza di calcio; com’è quello femminile?

R: La differenza tra calcio femminile (quello italiano), poiché in Italia siamo in una nazione di maschilisti dove le ragazze non vengono valorizzare per il loro talento, è di non far crescere il calcio femminile, discriminandolo nella vita privata delle ragazze. L’unico loro giudizio (dei maschi, ndr.) dovrebbe essere quello tecnico e tattico.

D: Sei una attaccante da quanto ho potuto leggere nelle tue precedenti esperienze calcistiche e giochi con ambedue i piedi. Ma se dovessi adeguarti a ruoli voluti dal o dalla coach in quale ti sentiresti più a tuo agio?

R: Si sono una attaccante e utilizzo entrambi i piedi. Infatti, il mio secondo goal è stato fatto con il piede sinistro. Il ruolo dove mi sento più a mio agio (premettendo che in alcune squadre per emergenza e necessità ho dovuto fare anche il centrocampista centrale o il terzino) è nello schema 4-2-3-1 come esterno laterale. In passato ho giocato in quel ruolo con quello schema, vincendo campionato e coppa Puglia, merito oltre della mia determinazione, tenacia e sacrificio, merito del mister cha ha saputo riconoscere le mie qualità tecniche e tattiche e soprattutto perché sono una giocatrice umile e che gioca completamente per la squadra, ricoprendo sia la fase difensiva che offensiva.

D: Come hai vissuto il cambio di paese? L’accoglienza?

R: Andar via dall'Italia è stata per me una scelta importante e voluta. Nella vita bisogna avere coraggio di fare nuove esperienze di vita calcistiche e umane, e capire se siamo capaci di superare dei limiti o scoprirne altri. Il mio arrivo sull'Isola è stato frenetico. Appena scesa dall'aereo sono corsa al campo ad allenarmi e ciò che mi ha stupita quel giorno, e il resto dei giorni, è stata l`accoglienza. Difatti, farti sentire subito una di loro, presentandosi, aiutandomi e soprattutto credendo in me, sembravo di essere una di loro e di far parte della squadra da una vita.

D: Giochi solo al calcio o anche lavori?

R: In Italia e in questo momento ho sempre lavorato e sto lavorando anche in Spagna. In alcune categorie siamo nella stessa situazione dell'Italia. Ovviamente parlo della parte economica, perché per il resto è tutto diverso. Purtroppo non solo giocando ma lavorando comporta spesso l`assenza in allenamento con la squadra, ma quando non posso allenarmi con la squadra prima di lavorare mi alleno da sola.

D: Hai sogni nel cassetto? Aspettative?

R: Si ho un sogno, anzi due. Uno di questi era a un passo dalla realtà, quello di realizzare una mia società di calcio femminile (io presidente). Purtroppo al sud Italia e soprattutto in provincia di Foggia se non sei figlia di sponsor non ti aiutano, ti illudono solamente. Quindi è fallito questo progetto, non dimenticato, tant’è che l’ho messo da parte. Credevo in questo sogno perché, credetemi, ci sono ragazze in Capitanata che sono davvero brave ma sono costrette o a lasciare il calcio o a giocare a calcio a 5. Tutto ciò avviene perché e purtroppo non vengono aiutate. L`altro sogno è di giocare per una squadra che io amo. Parlo della Nazionale Azzurra; indossare un giorno quella maglia coronerebbe un sogno, che poi è di tutte le mie colleghe. Non demordo e ce la metterò tutta. Ecco perché sono anche qui a giocare. È una sfida con me stessa: rimettermi in gioco e rendere orgogliosi chi ha sempre creduto in me e non mi ha mai lasciata sola, ripagherebbe i tanti sacrifici affrontati insieme. Aspettative mi chiedi? Quelle di vincere con la mia squadra. Qui sto bene e ho trovato un gruppo che mi piace e insieme a loro voglio tornare a giocare nel campionato superiore, che disputavano un anno fa. La differenza di categoria si nota. Siamo una delle squadre più forti tecnicamente e tatticamente. Vinciamo sempre con risultati notevoli. Attualmente siamo prime, con cinque vittorie e un pareggio; mentre come differenza reti siamo prime. Qui voglio giocare sempre e fare tanti goal. Voglio vivere alla grande questa esperienza.

D: Hai un calciatore o calciatrice di riferimento?

R: Il mio idolo è Cristiano Ronaldo. Mi rivedo in lui per il suo modo di affrontare le partite e la vita. In questo mondo devi essere così, altrimenti il mondo ti affossa. Ma lui, CR7, ha un cuore grande e poi cerca sempre di essere il migliore e di non smettere di credere in ciò che fa. È un esempio vivente da emulare.

D: Secondo te in Italia, e dopo l’exploit della Azzurre ai recenti mondiali, il calcio rosa avrà più spazi?


R: Io credo che il movimento calcio in rosa in Italia deve migliorare. Non so dopo quanti anni ci riuscirà. Credo che con la nazionale maschile fuori, la FIGC è stata costretta e ha dovuto dare visibilità al calcio femminile, per evitare polemiche. Questo perché a oggi, a parte alcune società e quelle di Serie A, non vedo altre visibilità di altri campionati e soprattutto di diritti.

D: La FIGC, secondo te, investirà di più sul calcio femminile? Vuoi lanciare un appello per far risvegliare anime sopite su uno sport che tutti considerano maschile?

R: Per dare una svolta al calcio femminile ci vuole gente in FIGC che ami il calcio femminile, gente che ha lottato e sudato per realizzare ciò che ama, che conosca cosa significa allenarsi, correre per prender un treno o andare al lavoro. È giusto che ogni società maschile dalla serie A alla serie C abbia una squadra femminile con tutti i diritti come quelli maschili, e chi non ne ha di dover pagare una multa elevata e punti di penalizzazione. Ti faccio un esempio: io vivo a Lanzarote, una delle Isole Canarie, non vivo né a Barcellona né a Madrid, e dove gioco disputiamo un campionato con 38 partite tra andata e ritorno, un perché ci deve pur essere.

D: Arbitri donne; si son viste in competizioni internazionali e si son fatte rispettare. Cosa molto giusta e dovuta. Seconde te i campionati dovrebbero averne di più, semmai con “terne” miste?
 

R: Credo che non esista differenza di sesso; se una donna ha studiato per avere un attestato da arbitro o altro perché non merita di dover avere gli stessi diritti di un uomo? Purtroppo in Italia gli uomini possono arbitrare nei campionati femminili. Il contrario…? Risponditi!

D: In Italia, ma anche in molte altre nazioni, si continua a chiamare le donne calciatrici, calciatori donna, portiere anziché portiera, arbitro anziché arbitra, difensore invece di difensora. Eppure la lingua italiana prevede il femminile, seppur con “occhi miopi” dei puritani del lessico. È un passo importante per identità che superano ataviche convinzioni, rompendo muri di genere. Tu che ne pensi?

R: È importante parlare al femminile, Per puntualizzare e far accettare questo linguaggio, che non è sbagliato e ci identifica, nello sport bisogna prima lavorare su cose più importanti, come i diritti, gli stipendi, la tutela delle giocatrici.

D: Ci racconti una tua giornata tipo?

R: La mia giornata solitamente è frenetica, tra lavoro ,allenamenti e casa. Il sabato che esordii, prima di andare al campo, la mia sveglia suonò alle ore 06:15. Presi un autobus per recarmi al lavoro, dalle 8 alle 12. Poi corsi a casa per pranzare e per poi andare a giocare. Dopo la partita ritornai a lavorare. Intensa, vero? Quando non lavoro, oltre che allenarmi e se non c’è la partita, il giorno dopo mi piace andare (non sempre) a ballare con amici, oppure uscire per bere una bevanda, rigorosamente analcolica, oppure camminare, parlare con la gente. Questa è la mia vita. Pertanto, “cara” FIGC, meritiamo rispetto, non vogliamo essere mercenarie o avere il miglior procuratore che è bravo a far guadagnare miliardi anche se vali zero. Noi calciatrici chiediamo solo rispetto, uno stipendio che ci permetta di vivere, di non essere tristi quando non puoi allenarti con la tua squadra o come quando ti fai male, che rischi di perdere un lavoro e di doverti pure pagare le spese.

D: Per il futuro hai in cantiere metter su famiglia? E come la gestiresti sapendo che sport e famiglia sono un bivio cui si deve ben ponderare e programmare? Voglio esser provocatorio.

R: Non esiste nessun bivio. Come hanno una vita i calciatori, possiamo averla anche noi calciatrici se avessimo gli stessi loro giusti diritti. Esistono gli asili privati quando non puoi tenere tuo figlio oppure credo che chi ti ama ti segue, ti sostiene. Lo sport è di tutti, dei bambini e delle bambine, di uomini e donne. Anche noi calciatrici, che siamo donne, mogli, compagne, mamme, meritiamo di credere nella nostra passione.

D: Vuoi salutare qualcuno e o qualcuna giacché siamo su una testata giornalistica pugliese e tu, essendo di Mattinata e avendo giocato in Puglia, sarai conosciuta?

R: Voglio ringraziare chi crede in me, chi mi sostiene. Voglio salutare la mia famiglia, la mia nipotina Nicole, perché ora non so quando potrò riabbracciarla forte forte. Ringrazio voi della Gazzetta Meridionale per avermi intervistata. Voglio dire a tutte quelle ragazze che amano il calcio quanto me, che son sempre dovute andare via dalla propria terra lasciando la famiglia (perché non esistono squadre o campionati in Puglia a parte tre società che disputano o la serie A o serie C nazionale) dimenticandosi il divertimento, di credere in quello che fanno e che prima di ogni partita bisogna essere lucide e riposate, di non mollare mai, di credere nei vostri sogni e quando qualcuno vi dice che non valete nulla, dimostrate di essere delle tigri, che siete più forti delle critiche. Concludo lanciando un appello alla “cara” FIGC: ricordati di tanti talenti che da Roma in giù esistono e sostenete le società che vogliono partecipare. Non sono chi volete voi.

Simona sia io che la Gazzetta Meridionale ti ringraziamo e un grande in bocca a lupo e tanta felicità e soprattutto una gran carriera, con l’augurio di intervistarti nuovamente, non solo quando indosserai la mitica maglia Azzurra. Grazie di cuore.

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